C’è un libro, pubblicato nell’agosto 2017, che apre un mondo – o meglio, che apre una finestra su un certo tipo di mondo, realmente agli antipodi con quello italiano. Il libro s’intitola Aramco: Above The Oil Fields (l’editore è Daylight Books) e lo ha scritto Ayesha Malik, una fotografa ventottenne – è questa la sua età al momento della pubblicazione – davvero figlia del nostro tempo. Non nel senso che fa la influencer su Instagram o la velina su Canale 5. Nel senso che Ayesha Malik è la somma di un miscuglio di razze – arabo-americana – e che ha vissuto gran parte dei suoi (pochi) anni di vita a Dhahran, sulla costa orientale dell’Arabia Saudita, una città “finta”. Finta perché Dhahran è stata “inventata” dal colosso petrolifero Saudi Aramco. Inventata dalla Saudi Aramco per farci vivere i suoi dipendenti, in arrivo da tutto il mondo. Quindi stiamo parlando di una città finta abitata da tutto un repertorio di professionisti del settore petrolifero che ci vivono – realmente – con le loro famiglie.
Gli abitanti di Dhahran, che Ayesha Malik definisce Aramcon, sono circa 11mila e occupano una superficie di 100mila chilometri quadrati che la stessa autrice definisce “un’oasi, un cul-de-sac di piscine e alberi allineati, situato in Arabia Saudita ma che ti fa immaginare di essere in un sobborgo residenziale americano, quindi, in pratica, su un altro pianeta”. Per un posto semplicemente pazzesco, che potrebbe aver creato qualche regista visionario per una serie tv dalle atmosfere vagamente perturbanti da mandare in onda con successo su Netflix o Sky Atlantic e che invece è assurdamente reale e che la brava Ayesha Malik ha saputo immortalare alla perfezione nel suo bel libro fotografico. E se non volete spendere i 50 dollari del prezzo di copertina, ne potete vedere diversi stralci significativi direttamente sul sito dell’autrice all’indirizzo www.ayeshamalikphotography.com.
I dati della questione sono tutti impressionanti. La Saudi Aramco non è un’azienda petrolifera qualunque, Saudi Aramco è l’azienda petrolifera per definizione visto che con i suoi 10,5 milioni di barili di petrolio prodotti ogni santo giorno – e con riserve stimate per oltre 260 miliardi di barili – è la più grande compagnia mondiale del settore. E, di riflesso, Dhahran non è stata “tirata su” l’altro giorno per ottimizzare i costi e la logistica. La prima pietra di Dhahran risale addirittura al 1933, tra Grande depressione americana, ascesa di Hitler e pieno delirio mussoliniano in Italia. Perciò è una vera e propria città, anche se è nata dai bisogni di un’azienda nel mezzo del niente (ma affacciata sul Golfo Persico).
Una specie di paradiso con tutti i comfort. “Il suo obiettivo – spiega lei – è quello di farti partire dal Kansas per venire qui perché la tua vita sarà molto più confortevole”.
E la forza del reportage di Ayesha Malik sta proprio nell’unicità della sua operazione. Lei qui ci è nata, non ci è arrivata per farci il libro – con le sue foto che sono la quintessenza di una vita intera. Suo padre a Dhahran ha iniziato a lavorarci nel 1980 (restandoci fino al 2012 e una volta andato in pensione ha portato la famiglia a Riyadh, la capitale saudita), in piena Guerra Fredda e in piena Strategia della tensione italiana. E Ayesha ci è cresciuta, godendo di tutti o quasi i privilegi occidentali – “privilegi” considerando che siamo quasi nel centro geografico dell’Arabia Saudita – come, per esempio, guidare l’auto, per una pratica che risulta utopistica per la maggior parte delle donne saudite. E ha capito quanto era unico il posto dove era nata e cresciuta quando nel 2007 si è trasferita a New York per frequentare la Parsons School of Design.
Insomma, andate a vedere le foto di Dhahran nel sito di Ayesha Malik. Sembra di essere in Puglia, dove purtroppo non c’è il petrolio.
Qui il PDF
FORCHIELLI DELLA SERA
Una città finta e una vita vera (e quasi unica). Foto-reportage sulla città saudita costruita per i dipendenti del colosso Aramco.
Alberto Forchielli17 Ottobre 20170
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