UN NEMICO CHIAMATO STATO. Nuove regole – sempre più complicate – per gli esportatori abituali.

Ecco un’altra segnalazione di un amico imprenditore. Con provvedimento n. 213331 dell’Agenzia delle Entrate del 2 dicembre 2016 è stato approvato un nuovo modello per la dichiarazione d’intento per acquistare o importare beni e servizi senza applicazione dell’Iva. Modello che dovrà essere utilizzato dal primo marzo 2017.
L’esportatore abituale, calcolato il plafond sulla base delle esportazioni effettuate nell’anno precedente, all’inizio di ogni nuovo anno predispone le dichiarazioni d’intento da inviare ai fornitori da cui desidera acquistare senza l’applicazione dell’Iva. In sostanza, si tratta di una procedura per evitare di pagare l’Iva a questi fornitori con relativo esborso finanziario e andare a credito (di Iva), per poi dover attendere anni il rimborso dallo Stato.
Finora – per l’esattezza fino al prossimo 28 febbraio – vi era la possibilità di emettere tale dichiarazione indicando semplicemente il periodo in cui si effettuavano le operazioni. Periodo che non poteva eccedere l’anno solare (esempio: dal 1 gennaio 2016 al 31 dicembre 2016). Mentre con il nuovo modello questa possibilità viene eliminata a favore di altre due opzioni: si specifica la singola operazione a cui si riferisce la dichiarazione indicando il relativo importo oppure si indica un importo massimo fino a concorrenza del quale si intendono effettuare acquisti senza Iva dall’operatore economico al quale si presenta la dichiarazione.
Insomma, prima del nuovo modello l’importo massimo da indicare era relativo agli acquisti che l’azienda poteva effettuare da tutti i propri fornitori. Un po’ come accade nel caso della dogana, dove l’importo indicato non è relativo a una sola dogana territoriale ma a qualsiasi dogana e a ogni importazione viene scalato il relativo importo per l’Iva non applicata. Così le dogane, che hanno un sistema informatizzato che tiene costantemente aggiornato tale importo, qualora questo “budget” dovesse essere superato, emettono la bolla doganale con Iva senza che sull’operatore ricadano rischi di sanzioni.
Invece la nuova risoluzione indica che l’esportatore abituale deve fissare all’inizio di ogni anno un importo massimo di acquisti per ogni singolo fornitore, tenendo sotto controllo non solo di non superare nel totale degli acquisti senza applicazione dell’Iva il plafond – com’era negli anni scorsi – ma anche di non superare gli importi indicati per ogni singolo fornitore.
Che cosa significa tutto ciò?
Semplice: la modifica comporterà grossissimi problemi pratici per le aziende. Difatti come possiamo determinare in anticipo quanto pensiamo di acquistare dai singoli fornitori nel corso di un anno? Bisogna come minimo sentire l’astrologo Paolo Fox per avere una consulenza previsionale sugli astri dei nostri business aziendali.
Nel caso specifico dell’amico imprenditore (proprietario di un’azienda di moda) che ha segnalato l’astruso inghippo, l’ammontare degli acquisti varia notevolmente di anno in anno in base a diverse variabili non prevedibili, come, per esempio, collezioni presentate dai suoi fornitori che possono avere un grado di apprezzamento molto diverso da stagione a stagione. E quindi basarsi sull’ammontare degli acquisti effettuati nell’anno precedente avrebbe ben poco significato.
Inoltre le aziende si troveranno a dover gestire il controllo del superamento dell’importo prefissato con grandi difficoltà. Infatti, prima di inviare un ordine ogni persona preposta dovrà verificare la situazione del valore residuo per vedere se c’è ancora capienza e in caso contrario, per evitare sanzioni, dovrà procedere a una nuova dichiarazione. Ma come si riesce a tenere sotto controllo tale valore residuo? Una contabilità per quanto aggiornata non potrà mai essere fatta in tempo reale. Perciò le aziende dovranno utilizzare dei conteggi extra-contabili che tengano conto delle date di prevista consegna e che andranno continuamente aggiornati con i dati effettivi che potrebbero discordare da quelli presunti.
Tra l’altro il controllo coinvolge entrambi gli operatori economici perché anche chi fornisce i beni o i servizi dovrà verificare che non sia superato l’importo massimo indicato, applicando l’Iva sulla parte eventualmente eccedente rispetto a tale importo.
Tutto ciò con quali risultati certi?
Di sicuro questa nuova disciplina scoraggerà le aziende a utilizzare le dichiarazioni d’intento, obbligandole ad avere alla fine dell’anno un credito Iva molto più alto e ciò comporterà per le aziende anche un maggiore fabbisogno finanziario. E, peggio ancora, superato il valore di 700mila euro il credito Iva non potrà neppure essere utilizzato in compensazione con altri debiti – imposte e contributi – ma dovrà essere chiesto a rimborso. Con la classica beffa che segue il danno, perché l’azienda per avere questo rimborso dovrà attendere anni mentre in Germania servono soltanto due mesi.
In definitiva i casi sono due: o l’azienda chiama Paolo Fox per avere una consulenza astrale o la legge l’ha fatta un astrologo.
 
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