Tre giorni dopo le politiche-suicidio di Theresa May, i conservatori si ricompattano. Per il bene del Paese, dicono loro, volendo dire per il bene del partito. E per il bene del “Paese” decidono di non staccare i fili e tenere in vita artificiale con accanimento terapeutico la Premier il più a lungo possibile. L’interesse? Tenere lontano il rischio di una nuova tornata elettorale che, temono, potrebbe portare Jeremy Corbyn e il Labour al governo. Già rientrate le manovre per la successione, Boris Johnson e gli altri serrano le fila attorno al simulacro della trista Theresa che porteranno in processione a Bruxelles per i riti inaugurali dei negoziati Brexit. Entro un paio di giorni verranno concluse le trattative con i 10 deputati del DUP nordirlandese per puntellare la maggioranza e presentare il May-bis alla fiducia del parlamento. Poi sarà tutta navigazione a vista, la durata dipenderà da quanto rapidamente il simulacro perde i pezzi. L’accordo col DUP rischia di far precipitare il delicato equilibrio di pace nell’Irlanda del Nord, dove la controparte Sinn Fein (i repubblicani ex IRA) ha avvertito che se il governo di Londra abbandona la neutralità “finirà tutto in lacrime”. Elezioni supplettive (per morte di un parlamentare in carica) e soprattutto le pressioni del mondo economico e del lavoro nel confronto quotidiano con la realtà faranno il resto. Avanti a vista, fingers crossed…
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