Evoluzione della stampa in 3D
Con la stampa in 3D è possibile creare… l’impossibile
Usciamo dalle consuete rotte anglosassoni-asiatiche per i Forchielli della Sera sull’innovazione per commentare un articolo pubblicato il 20 novembre sul The Times of Israel e che riguarda la stampa in 3D. Con una premessa che non deve stupire. Israele, per quanto concerne l’innovazione, è all’avanguardia.
Detto ciò, si aprono nuovi orizzonti nel campo della stampa in 3D – una delle prossime rivoluzioni industriali annunciate perché spazia in settori pressoché infiniti – grazie ai ricercatori della Hebrew University di Gerusalemme, che hanno sviluppato un nuovo modo di creare compresse farmaceutiche – innovative – utilizzando appunto stampanti 3D. In pratica sono pasticche “su misura”, con il principio attivo inserito in idrogel, quindi, per capirci, la consistenza è quella di un budino, che proprio grazie alla sua “plasmabilità” è in grado di espandersi, cambiare forma e attivarsi su un programma prestabilito (ecco spiegato il senso del “su misura”). Chiaramente ciò, attualmente, non è possibile con le pillole convenzionali ed apre a scenari fantascientifici.
Il professore Shlomo Magdassi, capo del 3D and Functional Printing Center della Hebrew University, spiega infatti che si può stampare una compressa per farla gonfiare nello stomaco al fine di dare la sensazione di pienezza, oppure che può rilasciare il farmaco soltanto nell’intestino, dove l’acidità è inferiore a quella dello stomaco. E, in generale, permetterà ai medici di adattare in modo più specifico il dosaggio dei farmaci ai singoli pazienti, come se le pastiglie fossero abiti sartoriali. “Queste compresse stampate in 3D – commenta lui – saranno in grado di cambiare forma attraverso il contatto con l’acqua o l’umidità, consentendo di attivarsi solo in determinate condizioni”.
Ma non è tutto. Il processo della stampa in 3D funziona con un computer che gestisce la materia nella stampante, che crea l’oggetto tridimensionale aggiungendo, passo dopo passo, strati di materiale. Questo, in sostanza, comporta uno sviluppo industriale che abbraccia ogni tipo di materiale, dal metallo alla ceramica, dal vetro al legno, eccetera, con la possibilità di operare in ogni settore. Per esempio, sempre alla Hebrew University di Gerusalemme, ma stavolta nella facoltà di agricoltura, il team diretto dal professore Oded Shosseyov sta sperimentando la stampa in 3D del legno.
Com’è possibile? Semplice (si fa per dire)! I ricercatori hanno elaborato una speciale composizione di inchiostro che contiene farina di legno e colla. Questo “intruglio” consente la stampa in 3D di oggetti in legno.
È chiaro che ciò comporta una sorta di nuova rivoluzione industriale, con effetti che oggi nemmeno riusciamo a immaginare pienamente. Ma è proprio questo che fa sognare. Perché? Perché la stampa in 3D, le nanoscienze e le nanotecnologie, esistono – ed esisteranno sempre di più – perché qualche scienziato visionario un giorno le ha immaginate come possibili.