A casa a Boston dopo 2 settimane a Washington dove ho incontrato il mondo. Felice per tante cose imparate, ma preoccupato di quello che ho visto. Il Paese è arrabbiato, ma la Capitale vive in una bolla lontano dai veri problemi. Trump o Hillary non faranno grande differenza, perché il congresso rimarrà diviso con un Senato democratico e una Camera repubblicana e le grandi Corporations continueranno a dettare l’agenda. Il consumatore americano non compra più, le aziende non investono perché non c’è domanda, ma nessuno osa proporre un sistema di tassazione più progressivo o accise sui carburanti per finanziare un grande programma di infrastrutture. E dire che fu Roosevelt col suo New Deal a insegnarlo al mondo quando risollevò l’economia americana dall’abisso della grande depressione degli anni 30. Probabilmente vedremo un’America più isolazionista, ma più presente in Europa. In molti hanno capito che l’Asia Pivot di Obama è una guerra del Giappone contro la Cina, probabilmente già persa in partenza, nella quale gli USA non vogliono essere coinvolti. Anche la Cina ha bisogna del suo “spazio vitale” è infantile negarlo. Moltissimi a Washington sono invece preoccupati della disintegrazione Europea in cui vedono la scomparsa del più affidabile alleato di sempre e l’irrompere sulla scena di Putin e Isis. Ma quando si tratterà di pagare le spese non aspettiamoci un altro Piano Marshall.
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