Cari Amici,
eccomi con la “Posta del cuore – parte sesta”, in risposta al mio super-post del 10 febbraio, dove chiedevo il vostro aiuto perché “non so più di cosa scrivere sui social” e al quale voi avete risposto con centinaia di suggerimenti (a proposito, continuate con le domande)!
Oggi rispondo a un quesito piuttosto interessante di Andrea Cipollaro su Cina e Italia. “Sono convinto – dice l’amico Andrea – che la guerra economica dei cinesi darà frutti nel tempo. L’Italia facendo anch’essa investimenti su Paesi poveri, come Libia e Algeria, non ha saputo sfruttare questa cosa”.
Allora, rispondendo alla domanda di Cipollaro, gli dico che la sua sensazione va nella giusta direzione e allargo il campo anche agli USA, perché la dimensione dei rispettivi “Sistemi Paese” – davvero macro – è più simile alla Cina rispetto a quella dell’Italia. E dico che gli Stati Uniti d’America hanno sempre puntato sulla macchina industrial-militare. Loro, storicamente, spendono per fare le guerre, mentre la Cina con un decimo dei soldi si compra i Paesi. È una strategia più intelligente, più efficace. Lo sosteneva già il presidente Eisenhower, alla fine del suo secondo mandato: state attenti alle lobby che spingono sul connubio industrial-militare. Era il 1961 e lui aveva ragione. Comprare i Paesi anziché bombardarli è più semplice, costa meno e non fa morti. In questo senso i cinesi hanno capito tutto.
Invece il paragone tra Cina e Italia è duro da fare perché noi siamo sempre stati troppo piccoli e nel borsellino abbiamo sempre avuto soltanto degli spiccioli e, al massimo, per l’appunto, siamo riusciti a comprare delle fette di deserto africano. Al contrario, la Cina negli ultimi decenni ha comprato ovunque, anche in Occidente, anche negli USA, dove a noi italiani, Trump, tra un po’, non ci farà nemmeno più entrare, alla stregua degli yemeniti.
Stay tuned!
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