di Ciro Balestrieri
Recentemente è stato proposto un nuovo modo per calcolare il rapporto costo/benefici di progetti del genere. L’analisi costi-benefici (CBA) viene ampiamente usata da governi ed economisti per valutare l’impatto socio-economico di progetti d’investimento di infrastrutture convenzionali. Il professor Florio ha provato ad applicare questo modello all’LHC ottenendo dei risultati confortevoli. Nell’articolo “Forecasting the Socio-Economic Impact of the Large Hadron Collider: a Cost-Benefit Analysis to 2025 and Beyond” sono stati individuati 4 classi di benefici relativi rispettivamente a: produzione di conoscenza dei ricercatori, formazione del capitale umano, ripercussione tecnologiche ed effetto culturale al pubblico generico. È stato preso in esame il periodo tra il 1993 e il 2025 con i dati forniti dal CERN sia per le spese già fatte che per quelle stimate in futuro senza considerare il nuovo progetto per l’High Luminosity-LHC. Usando il metodo Monte Carlo (uno specifico metodo computazionale usato comunemente per il CBA di infrastrutture) si ottiene una probabilità del 90% circa che i benefici superino i costi con un valore approssimativo di 2,9 miliardi di euro. Tutto questo escludendo totalmente l’impatto economico di una possibile scoperta scientifica derivante dagli studi svolti. Chiaramente questo studio va preso con la dovuta cautela vista l’unicità e la complessità del sistema analizzato dovuta ad un alto numero di variabili, anche se nei calcoli si è sempre sottostimato il livello dei ricavi. Per esempio alcuni componenti per la costruzione del LHC sono stati riutilizzati dal LEP, un precedente acceleratore, e separare del tutto LEP e LHC è molto complicato, inoltre definire rigorosamente le variabili in gioco non è affatto semplice e c’è molto lavoro da fare da questo punto di vista. Comunque il lavoro di Florio e dei suoi collaboratori è un grande passo per l’applicazione dell’analisi costi-benefici per infrastrutture di questo tipo. Dopo aver discusso del denaro concludiamo con l’esempio chiarificatore riguardante l’impatto di una scoperta apparentemente senza nessuna applicazione nell’immediato. Nel 1897 Sir J.J. Thomson, un fisico britannico, pubblicò un articolo riguardante i raggi catodici dove dimostrò come questi fossero costituiti da particelle di carica elettrica negativa che chiamò inizialmente corpuscoli. Thomson capì che questi corpuscoli avessero origine dagli atomi, perciò comprese che gli atomi stessi non fossero indivisibili come si pensava al tempo (atomo significa appunto indivisibile). Tale corpuscolo è stato quindi la prima particella elementare ad essere scoperta ed è oggi nota come elettrone, e permise al ricercatore britannico di sviluppare il primo modello dell’atomo, il “plum pudding model” man mano rivisitato negli anni. Uno slogan popolare al Cavendish Laboratory dove lavorava Thomson era “The electron: may it never be of any use to anybody!” giusto per intendere di cosa si parla quando si dice che al momento della scoperta non si ha la minima idea delle sue potenzialità, visto come nemmeno chi l’ha scoperto ed i suoi collaboratori ne vedevano alcuna applicazione possibile. Infatti da elettrone deriva non a caso il termine elettronica, ossia la scienza e la tecnica del comportamento dell’elettrone capace di contrassegnare il XX secolo cominciando dalla radio per arrivare ai transistor con svariate applicazioni in numerosi campi tra cui l’informatica, telecomunicazioni, veicoli, macchine industriali, robotica tra le maggiori. Certamente non si può pensare che dal bosone di Higgs si possa sperare di ottenere un effetto analogo a quello dell’elettrone nel secolo scorso, ma se già arrivassimo ad ottenerne un decimo anche sommando tutta la serie di particelle scoperte nei vari acceleratori sparsi nel mondo, il beneficio socio- economico sarebbe decine se non centinaia di volte superiore ai miliardi di euro ricavati dalla messa in atto di progetti concernenti le Large Research Infrastructure. Infine, per onore di cronaca bisogna dire che proprio il figlio di Thomson, George Paget Thomson indipendentemente dal fisico Davisson con cui condivisero il Nobel scoprì che l’elettrone è in realtà un onda; ma questa è un’altra storia…
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Perché le ricerche del CERN (e di altre Large Research Infrastracture) sono fondamentali “adesso” e non solo in futuro (Ultima Parte)
Alberto Forchielli10 Ottobre 20180
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