di Ciro Balestrieri
Negli ultimi anni si è parlato parecchio del CERN, il centro di ricerca europeo che ospita tra le moltissime cose anche il LHC (Large Hadron Collider), la più grande macchina mai costruita dall’uomo, venuta alla ribalta grazie alla scoperta del bosone di Higgs nel 2012. Dopo l’iniziale euforia per la scoperta molte persone hanno cominciato a chiedersi a cosa diamine servisse tale bosone e se valesse la pena spendere tutti quei soldi per la realizzazione di un acceleratore di particelle così gigante. È stato spesso risposto dagli addetti ai lavori che scoperte di questo tipo non hanno ricadute immediate, ma che bisogna aspettare molto tempo prima di poterne usufruire, e nonsi sa nemmeno come ne potremmo beneficiare perché l’impatto e le modalità con cui simanifesteranno le possibili applicazioni sono ancora impredicibili. Tutto ciò è assolutamente vero, ma non è certo sufficiente a giustificare alla maggioranza della popolazione l’ammontare della spesa per l’attuazione di un esperimento così costoso. Persino Peter Higgs quando teorizzò laparticella che porta il suo nome non si rese conto dell’importanza della particella, infatti scrisse adun amico la seguente frase in riferimento alla sua scoperta: “This summer I have discovered something totally useless”. Alla fine dell’articolo si tornerà su questo tipo di argomentazione conun esempio chiarificatore, ma intanto focalizziamoci su qualcosa di molto più comprensibile al genere umano: i Soldi. Si perché bisogna stare attenti quando si parla di soldi “spesi” poiché non sitiene mai conto di quelli “guadagnati”. Il CERN si finanzia tramite dei contributi versati dai paesi membri, nel caso dell’Italia ci si situa al quarto posto dato che ogni anno versa circa l’11% deifinanziamenti totali, dietro a Germania, UK e Francia. Nel 2016 a fronte dei contributi versati dallo Stato le industrie italiane coinvolte nei progetti di ricerca hanno ricevuto il 17% delle commesse.Nel 2014 il Global Science Forum dell’OECD ha pubblicato un lavoro sull’impatto del CERN diGinevra sull’economia e la società nel quale si valuta tra le altre cose anche il rapporto con leindustrie partecipanti ai vari progetti. In quella pubblicazione viene enfatizzato il caso delle aziende produttrici di magneti visto che il 50% della spesa per la costruzione dell’LHC è costituita proprio dai magneti, mentre la restante metà viene suddivisa in diversi settori tra cui quello dell’ingegneriacivile e delle attrezzature di criogenia. Citando l’articolo in esame “Scientists at high-energy physics laboratories perform experiments at the cutting edge of science. […] The requirements of such research sometimes go beyond the current state of the art, and the laboratory’s researchers need to create a new, original technological solution; in a word, to innovate”. Quando venne pensata la costruzione del LHC i componenti più difficili da realizzare erano appunto i dipoli magnetici perché avrebbero dovuto produrre un campo magnetico di intensità pari a 10 Tesla, però a quel tempo i dipoli magnetici più potenti arrivavano solo a 6T, una vera enormità poiché 4T equivalgono a 40mila volte il campo magnetico terrestre. Il processo di R&D si è svolto dal 1985 al 2001 con una produzione di oltre 1200 magneti ed è stato reso possibile da una serie di contributi fondamentali.
Seconda Parte➡️ Lunedì 8 ottobre
Terza ed ultima Parte ➡️ Mercoledì 10 ottobre
Negli ultimi anni si è parlato parecchio del CERN, il centro di ricerca europeo che ospita tra le moltissime cose anche il LHC (Large Hadron Collider), la più grande macchina mai costruita dall’uomo, venuta alla ribalta grazie alla scoperta del bosone di Higgs nel 2012. Dopo l’iniziale euforia per la scoperta molte persone hanno cominciato a chiedersi a cosa diamine servisse tale bosone e se valesse la pena spendere tutti quei soldi per la realizzazione di un acceleratore di particelle così gigante. È stato spesso risposto dagli addetti ai lavori che scoperte di questo tipo non hanno ricadute immediate, ma che bisogna aspettare molto tempo prima di poterne usufruire, e nonsi sa nemmeno come ne potremmo beneficiare perché l’impatto e le modalità con cui simanifesteranno le possibili applicazioni sono ancora impredicibili. Tutto ciò è assolutamente vero, ma non è certo sufficiente a giustificare alla maggioranza della popolazione l’ammontare della spesa per l’attuazione di un esperimento così costoso. Persino Peter Higgs quando teorizzò laparticella che porta il suo nome non si rese conto dell’importanza della particella, infatti scrisse adun amico la seguente frase in riferimento alla sua scoperta: “This summer I have discovered something totally useless”. Alla fine dell’articolo si tornerà su questo tipo di argomentazione conun esempio chiarificatore, ma intanto focalizziamoci su qualcosa di molto più comprensibile al genere umano: i Soldi. Si perché bisogna stare attenti quando si parla di soldi “spesi” poiché non sitiene mai conto di quelli “guadagnati”. Il CERN si finanzia tramite dei contributi versati dai paesi membri, nel caso dell’Italia ci si situa al quarto posto dato che ogni anno versa circa l’11% deifinanziamenti totali, dietro a Germania, UK e Francia. Nel 2016 a fronte dei contributi versati dallo Stato le industrie italiane coinvolte nei progetti di ricerca hanno ricevuto il 17% delle commesse.Nel 2014 il Global Science Forum dell’OECD ha pubblicato un lavoro sull’impatto del CERN diGinevra sull’economia e la società nel quale si valuta tra le altre cose anche il rapporto con leindustrie partecipanti ai vari progetti. In quella pubblicazione viene enfatizzato il caso delle aziende produttrici di magneti visto che il 50% della spesa per la costruzione dell’LHC è costituita proprio dai magneti, mentre la restante metà viene suddivisa in diversi settori tra cui quello dell’ingegneriacivile e delle attrezzature di criogenia. Citando l’articolo in esame “Scientists at high-energy physics laboratories perform experiments at the cutting edge of science. […] The requirements of such research sometimes go beyond the current state of the art, and the laboratory’s researchers need to create a new, original technological solution; in a word, to innovate”. Quando venne pensata la costruzione del LHC i componenti più difficili da realizzare erano appunto i dipoli magnetici perché avrebbero dovuto produrre un campo magnetico di intensità pari a 10 Tesla, però a quel tempo i dipoli magnetici più potenti arrivavano solo a 6T, una vera enormità poiché 4T equivalgono a 40mila volte il campo magnetico terrestre. Il processo di R&D si è svolto dal 1985 al 2001 con una produzione di oltre 1200 magneti ed è stato reso possibile da una serie di contributi fondamentali.
Seconda Parte➡️ Lunedì 8 ottobre
Terza ed ultima Parte ➡️ Mercoledì 10 ottobre
Lascia un commento