Con il Brasile ci siamo impuntati per il caso di Battisti. Ne abbiamo preteso l’estradizione perché fosse giudicato dalla nostra magistratura proprio nel medesimo periodo in cui il nostro Presidente del Consiglio del momento proclamava Urbi et Orbi come il nostro sistema giudiziario , pieno a suo parere di giudici che anteponevano le motivazioni politiche alle ragioni della legge , fosse uno dei peggiori del mondo. In conclusione i brasiliani hanno rifiutato l’estradizione , Battisti non è stato giudicato per le sue colpe ed i rapporti fra Italia e Brasile sono passati attraverso un periodo di non abituale freddezza.
Con l’India ci siamo scontrati per il caso dei fucilieri di marina , Girone e La Torre , che le autorità indiane accusavano di omicidio mentre noi sostenevamo che i due militari avevano soltanto rispettato le consegne ricevute nell’esercizio del compito loro affidato . Per un periodo abbastanza lungo ci siamo mossi abbastanza maldestramente sulla scena internazionale pretendendo una restituzione incondizionata che l’India non poteva concederci per motivi di prestigio Internazionale e di politica interna che si intrecciavano rinforzandosi a vicenda. La strada del buon senso la abbiamo scoperta e seguita solo con grande ritardo e quando ormai il guasto che la vicenda aveva comportato per le relazioni italo indiane era divenuto pressocche’ irreversibile.
Con l’Egitto ci siamo incartati con il caso Regeni , per cui ancora non si intravede una soddisfacente soluzione. Anziché attendere che le due magistrature nazionali facessero maggiore luce su un episodio che presenta aspetti molto complessi ed in qualche caso estremamente contradditori , abbiamo subito scaricato sulle forze dell’ordine e sul Governo dell’altro paese una presunzione di assoluta colpevolezza , trascurando tra l’altro anche di approfondire il ruolo reale dei datori di lavoro inglesi di Regeni nella vicenda . Il risultato e’ che le relazioni italo egiziane sono ora ad un minimo storico mentre noi da troppo tempo non abbiamo più un Ambasciatore al Cairo.
Con la Turchia abbiamo avuto da discutere allorché il figlio del Presidente Erdogan è stato inquisito a Bologna sulla base di una denuncia molto vaga di esportazione illecita di capitali presentata da un oppositore turco rifugiato all’estero. Ora il procedimento è stato archiviato . Non prima comunque che il padre del l’inquisito ci invitasse in toni piuttosto duri ad occuparci della Mafia e non di suo figlio. Quanto poi il fatto abbia inciso sui rapporti fra Roma ed Ankara potremo valutarlo soltanto nel prossimo futuro.
Quattro casi in totale , ed in ciascuno di essi per molti aspetti siamo risultati soccombenti. Ciascuno si è inoltre tradotto per noi in un danno che e’ stato prima danno di immagine , quindi diplomatico/politico , ma che si e’ tradotto poi anche in un danno economico , rendendoci molto più difficile la presenza in mercati in cui tradizionalmente occupavamo posizioni di rilievo ora perdute. Quantificare l’esatto livello di tale danno è pressoché impossibile , anche se in ogni caso sarebbe bene chiedersi se si tratti o meno di un lusso che il nostro paese può concedersi in questi chiari di luna in cui anche la diminuzione dello zero virgola uno per cento del PIL può assumere particolare peso condizionando negativamente la nostra posizione soprattutto in ambito comunitario.
Un rilievo particolare a questo susseguirsi di episodi lo conferisce inoltre il fatto che negli anni più recenti contrasti di questo genere hanno coinvolto unicamente l’Italia , mentre sono rimasti del tutto estranei alla realtà degli altri grandi paesi europei ,come la Germania , la Francia , il Regno Unito , la Spagna ……cui amiamo paragonarci. Viene quindi spontaneo chiedersi ” Ma perché proprio a noi ? E perché soltanto a noi? “.
Una parziale risposta ce la da il fatto che i quattro i paesi con cui ci siamo scontrati siano tutti , al di là dei problemi contingenti che possono travagliare ciascuno di essi in questo momento , medie potenze emergenti. E’ quindi comprensibile che siano pronti a cogliere al volo ogni possibile occasione per evidenziare in ambito internazionale il nuovo status in via di acquisizione ponendosi in contrasto con un altra media potenza , già riconosciuta come tale però attualmente in declino. E cosa c’è di più facile e meno pericoloso che opporsi all’Italia , che non ha mai avuto nei contrasti internazionali quella spregiudicatezza e quella decisione che contrassegnano invece altri membri del club europeo , come ad esempio Francia ed Inghilterra?
Al di là di questo però c’è anche il fatto che allorché reagiamo noi siamo sempre motivati più da ragioni di politica interna – e per di più di politica interna a breve o brevissima scadenza – che da motivazioni di carattere internazionale . Ciò ci porta , per soddisfare una opinione pubblica che spesso vuole sangue e lo vuole subito con una reazione che e’ istintiva e non ragionata , a curarci molto poco dell’effetto che i nostri atti , dettati dalla necessità di mantenere a tutti i costi un momentaneo consenso sulla linea di azione scelta dal Governo , produrranno sull’antagonista.
Procediamo quindi con la classica delicatezza di un elefante scatenato all’interno di una cristalleria violando senza esitazione e senza valutarne gli effetti quella regola d’oro che impone di formulare le accuse in ambito internazionale , per quanto gravi esse siano , in maniera tale da non costringere l’avversario a perdere pubblicamente la faccia nel caso in cui ti dia ragione.
In un certo senso ci mettiamo così all’angolo da soli poiché per chi ci fronteggia l’alternativa a quel punto si trasforma divenendo automaticamente quella fra acconsentire alle nostre richieste , ritrovandosi così screditato in ambito tanto esterno quanto interno , oppure resistere sulle sue posizioni iniziali , tra l’altro con danni tutto sommato molto limitati.
Noi infatti non entreremo mai in guerra per un punto di principio , come fece l’Inghilterra nel caso delle Falkland , non decideremo mai operazioni coperte per recuperare nostri concittadini, come forse avrebbero fatto molti dei nostri amici europei nel caso dei due maro’ , non sosterremo mai gli oppositori di un regime che nuoccia ai nostri interessi , come fa giornalmente la Francia in Africa , non bloccheremo mai l’ingresso in Italia di persone provenienti a paesi a noi sgraditi ,come fa ora l’ America.
Ci limiteremo invece ad una assurda “gesticolazione verbale” costellata di gesti simbolici ed inconcludenti , come il “rientro in Italia per consultazioni ” del nostro Ambasciatore al Cairo . Atti che potranno magari ben figurare domani in un manuale di diritto internazionale ma che producono l’unico effetto di irritare ulteriormente la controparte allontanando la soluzione della vicenda anziché avvicinarla e favorirla.
Per di più in simili condizioni il trascorrere del tempo rende sempre più difficile uscire dai grovigli divenuti rapidamente gordiani di accuse e contro accuse che finiscono col rendere estremamente complesso anche ciò che all’inizio avrebbe forse potuto essere semplice . Esso favorisce inoltre il consolidarsi , da una parte come dall’altra , di gruppi di opinione duri e puri sempre meno disposti a cedere , fosse anche sul minimo particolare.
Se non vogliamo continuare in questa maniera e’ tempo quindi di farci un approfondito esame di coscienza , rendendoci innanzitutto conto di come allorché si entra in un contenzioso internazionale occorra farlo conoscendo anche le ragioni degli altri , non soltanto le proprie , e conferendo loro l’importanza che meritano.
In pari tempo bisognerebbe sapersi muovere con i modi giusti , conoscendo a fondo “la cultura ” del nostro avversario e rispettandola, cosa che ci permetterà a volte di incassare un si che sarebbe altrimenti stato un no. Occorrerebbe poi procedere nell’ambito di un disegno che risponda molto più alla ragione che all’istinto e sia proiettato anche sulla lunga scadenza , permettendoci di valutare con precisione quali danni e quali vantaggi il contenzioso possa comportare per il nostro paese. Infine sarebbe anche indispensabile disporre del coraggio necessario per lasciar cadere , quali che siano le reazioni della opinione pubblica , le occasioni di scontro in cui non abbiamo ragionevoli probabilità di riuscire a prevalere.
Non lo precisa anche SunTzu come il buon Generale sia soltanto “quello che combatte unicamente le battaglie che può vincere” ?
Articolo pubblicato su LimesOnline
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Ma lo sa l'Italia che "Il buon Generale combatte unicamente le battaglie che può vincere"?
Giuseppe Cucchi23 Marzo 20170
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