Benché possa apparire prematuro affrontare l’argomento, considerato come la scadenza naturale del mandato dell’attuale Segretario Generale della NATO, il norvegese Stoltenberg, sia nel 2018, già si comincia a parlare di una possibile candidatura all’incarico dell’ex Premier britannico Cameron, privo di lavoro dal giorno delle sue dimissioni conseguenti alla sconfitta nel referendum decisivo per la Brexit.
Almeno per il momento l’interessato non conferma né smentisce ma continua ad andare a caccia – così almeno dicono le cronache – ed a riempire il suo tempo con altre analoghe occupazioni da disoccupato di lusso.
C’è in ogni caso da chiedersi con un certo allarme come e perché gli articoli sulla possibilità di una sua candidatura escano con tanto anticipo ed oltretutto in un agitato momento politico in cui gli Stati Uniti, il Grande Fratello della Alleanza Atlantica, sono dilaniati da una sorda guerra senza esclusione di colpi fra un Presidente uscente ed uno subentrante mentre il maggiore dei potenziali avversari della NATO, la Russia, assurge a maggiore dignità internazionale acquisendo un ruolo chiave per il futuro di tutto il Medio Oriente.
Di certo comunque le indiscrezioni di stampa non sono state ne’ ispirate ne’ sollecitate dal Regno Unito. Quando infatti le candidature vengono ipotizzate con tanto anticipo l’operazione ha di norma lo scopo di bruciarle, annunciandole in termini di tempo tali da consentire a tutti coloro che le avversano di logorarle progressivamente sino a renderle impossibili.
Non sembra però che questo sia l’intento nel caso di Cameron considerato come un rigetto, oltretutto molto tempestivo, del suo nome non farebbe altro che aumentare l’impressione di estraneità del Regno Unito da una Unione Europea che costituisce comunque pur sempre uno dei pilastri portanti della Alleanza, anche se per ora solo in maniera sottintesa. Un fatto che non andrebbe certo nella direzione desiderata da Londra, apparsa sino ad ora decisamente orientata a cercar di ottenere una uscita quanto più dolce possibile dalla Unione.
E’ possibile invece che si tratti di un tentativo di rassicurare quei paesi del nordest europeo membri dell’ Alleanza Atlantica che conservano intatto, se non aumentato, il loro timore di un eventuale ritorno offensivo della Russia, giudicando del tutto insufficienti alla bisogna gli schieramenti avanzati di reparti militari decisi dalla NATO nel corso del suo recente Vertice di Varsavia. Gli inglesi sono infatti visti un po’ come “i mastini della guerra” dello schieramento alleato e si sono sempre presentati come i meno disposti a ricercare con Mosca una soluzione di accomodamento.
In un caso del genere la mente della operazione andrebbe quindi ricercata a Washington o, con probabilità ancora maggiore, nei corridoi del Quartier Generale dell’Alleanza a Bruxelles.
Esiste infine sempre la possibilità che questo altro non sia che un “ballon d’essai”, vale a dire una provocazione che abbia per autore lo stesso Cameron, interessato a raccogliere una prima serie di commenti sull’ipotesi onde valutare se essa possa o meno risultare realistica. Nella idea, magari , di far ricadere successivamente il silenzio sulla materia salvo poi candidarsi realmente a tempo debito.
In ogni caso, qualsiasi sia la realtà dietro l’operazione, occorre sottolineare come una candidatura inglese costituisca per l’Alleanza Atlantica non soltanto un rischio politico e militare ma anche la violazione palese di quelle regole non scritte di equilibrio interno della organizzazione che hanno contribuito a preservare sino ad ora il giusto livello di coesione degli alleati.
Per quanto concerne il rischio basta ricordare il dilettantismo politico spacciato per grinta con cui i britannici sono intervenuti con le loro forze armate prima in Iraq, a fianco degli americani, e qualche anno dopo in Libia, nel cuore di una coalizione più complessa che ha finito col coinvolgere anche la stessa NATO, pretendendo di pacificare ma in realtà riuscendo soltanto a destabilizzare due aree importantissime per la sicurezza mediterranea e di riflesso per quella europea.
Essi occupano altresì un ruolo di rilievo fra coloro che maggiormente si oppongono ad un compromesso con la Russia che chiuda definitivamente il contenzioso ucraino e permetta all’Occidente una ripresa di regolari relazioni con Mosca. Un atteggiamento che ha la negativa conseguenza di conservare l’attenzione della Alleanza e della UE concentrata sulle frontiere di nordest del continente, impedendo ad entrambe le organizzazioni di dedicarsi nella dovuta misura a quei fermenti del mondo arabo islamico che dovrebbero invece essere il fuoco delle comuni preoccupazioni.
Dal punto di vista degli equilibri interni occorre poi innanzitutto sottolineare come in questo particolare momento storico la NATO avrebbe tutto l’interesse a favorire lo sviluppo di una capacità europea di sicurezza e di difesa che possa portare l’UE a proporsi realmente, e non soltanto sulla carta, come il “pilastro europeo della Alleanza”.
Si tratta di uno sviluppo di situazione che sino ad oggi e’ stato reso impossibile dall’ostilità del Regno Unito, convinto che il rafforzamento dell’Europa avrebbe potuto incidere, affievolendola o rendendola non più necessaria, sulla “relazione particolare di USA ed UK”. Vi è quindi da temere che un eventuale Segretario Generale britannico della NATO sia perlomeno tentato di insistere su questa linea politica, anteponendo magari i propri interessi nazionali a quelli delle due organizzazioni.
Vi è infine da considerare come le cariche di vertice dell’Alleanza Atlantica siano da sempre assegnate sulla base di un interno “codice Cencelli ” che prevede, ad esempio, che il SACEUR, cioè il Supremo Comandante Alleato in Europa, sia sempre un americano mentre per contro il Segretario Generale della Organizzazione e’ sempre scelto fra gli europei. Per questa seconda carica e’ poi di norma prevista anche una alternanza fra personalità che provengano dal nord o dal sud del continente.
I quindici anni più recenti hanno però visto una netta prevalenza del nord sul sud , con gli ultimi tre Segretari forniti rispettivamente dalla Olanda, dalla Danimarca e dalla Norvegia. Il risultato e’ stata, e non poteva essere altrimenti, una politica che trascura il sud conferendo ai problemi del nord una prevalenza che non è certo esagerato definire eccessiva.
Fino a qualche anno fa la situazione era almeno in parte temperata dal fatto che il Vice Segretario Generale era sempre un italiano. Per colmo di ironia fu pero’ proprio un italiano, l’allora Primo Ministro Berlusconi, ad accettare che tale posizione ci venisse sottratta nel quadro di una complessa trattativa che porto’ alla elezione del candidato danese ed a noi lascio’ in cambio della nostra rinuncia solo promesse di compensazioni poi regolarmente disattese.
L’eventuale scelta di un altro uomo del nord rischierebbe quindi a questo punto di risultare estremamente rischiosa tanto per la coesione interna dell’Alleanza quanto per l’equilibrio dei suoi successivi orientamenti. Cadendo su un candidato del Regno Unito essa potrebbe inoltre accentuare il lato di contrapposizione fra la NATO e l’Unione Europea , certo non quello di complementarità fra le due Organizzazioni.
Infine se il prescelto fosse proprio Cameron, ci sarebbe proprio da chiedersi come i membri UE della Nato, che sono la maggioranza dei soci di quell’esclusivo club, abbiano potuto dimenticare i due disastri della campagna di Libia e della Brexit, entrambi per buona parte attribuibili proprio a quel potenziale candidato!
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