Quali potrebbero essere i possibili impatti delle politiche protezionistiche americane sul resto del mondo? Ne abbiamo parlato con Alberto Forchielli, presidente dell’Osservatorio Asia oltre che fondatore e CEO del fondo di private equity Mandarin Capital Management.
In pochi avevano scommesso sulla sua vittoria contro l’avversaria Hillary Clinton e, anche una volta eletto alla Casa Bianca, in pochi credevano che potesse davvero mettere in atto le stravaganti promesse fatte in campagna elettorale. Ma ora che Donald Trump è alla guida della prima potenza mondiale, e pare assolutamente intenzionato a tenere fede al proprio programma, sembra arrivato il momento di prenderlo sul serio: quali potrebbero essere i possibili impatti delle politiche protezionistiche americane sul resto del mondo?
Stando a quanto proclamato da Trump, dopo il ritiro degli USA dal Trattato Transatlantico (TTIP) e l’ordine esecutivo per costruire un muro al confine con il Messico, il prossimo bersaglio potrebbe essere la Cina. Se anche in questo caso il presidente USA metterà in atto le sue promesse (e a questo punto la cosa sembra altamente probabile), gli Stati Uniti prenderanno di petto il gigante asiatico, innescando una vera e propria guerra commerciale, con ricadute significative su scala globale.
Ne abbiamo parlato con Alberto Forchielli, presidente dell’Osservatorio Asia oltre che fondatore e a.d. del fondo di private equity Mandarin Capital Management S.A., già intervenuto in passato sul nostro blog.
Quale sarà l’effetto Trump sulla Cina?
A mio parere le politiche di Donald Trump non potranno che danneggiare la Cina, soprattutto nel breve termine, per diverse ragioni. Tanto per cominciare, le attese di un aumento dell’inflazione e di un rialzo dei tassi, oltre che il timore di una ulteriore maxi svalutazione dello yuan, stanno spingendo i cinesi a portare capitali fuori dalla Cina. Questa dinamica contribuisce ad apprezzare ulteriormente il dollaro e a deprezzare il renminbi, aumentando ancora di più la propensione dei cinesi a detenere tutto in dollari. Pechino sta già cercando di correre ai ripari, inasprendo i controlli e usando le riserve di moneta estera per difendere la propria moneta, ma potrebbe non bastare.
Poi c’è la questione dei dazi: la Cina esporta in America qualcosa come 484 miliardi di dollari l’anno e ne importa 117 miliardi, quindi ha un avanzo commerciale con gli Stati Uniti di circa 370 miliardi: con queste cifre non è difficile immaginare l’impatto devastante che avrebbero eventuali dazi imposti da Trump sull’economia del Dragone. Il fatto però è che questi dazi finirebbero per ritorcersi anche contro gli stessi Stati Uniti: gran parte delle esportazioni cinesi infatti è costituita da beni intermedi che poi vanno a finire nei prodotti americani o da merci di aziende statunitensi delocalizzate in Cina. Quindi alla fine i dazi ricadrebbero sui consumatori e sulle aziende USA, pesando di conseguenza sui titoli corporate americani. Insomma, da una semplice battaglia commerciale rischia di innescarsi una crisi finanziaria.
Un altro aspetto da non sottovalutare è il debito cinese: l’introduzione di dazi sulle esportazioni andrebbe a danneggiare le aziende cinesi già altamente indebitate e potrebbe accelerare una crisi debitoria. Insomma, benefici per la Cina dalle politiche di Trump non ne vedo. Certo, nel lungo periodo Pechino potrebbe soffrirne meno, grazie a una progressiva virata della Cina verso un’economia domestica e una conseguente minore dipendenza dalle esportazioni.
E per quanto riguarda i rapporti tra USA e Russia? Quale potrebbe essere il nuovo equilibrio nell’era Trump?
Io credo che in questo caso le implicazioni sarebbero più di stampo diplomatico-politico che commerciale. In ogni caso l’effetto di una distensione non può che essere positivo, anche perché io sono convinto che la figura di Putin in America sia stata eccessivamente demonizzata negli ultimi anni. Se USA e Russia andassero d’accordo sull’Ucraina, sulla pacificazione del Medio Oriente e su tutte le questioni su cui stanno litigando da anni, il mondo potrebbe solo beneficiarne: l’avvicinamento con Putin farebbe venir meno alcuni dei cosiddetti “cigni neri”.
In tutto questo cosa potrebbe succedere all’Europa?
Ah l’Europa non se la passerà tanto bene con Trump: la Germania ha un avanzo commerciale di 75 miliardi di dollari nei confronti dell’America, pari al 9% del suo PIL e superiore a quello della Cina, se visto in proporzione, per cui non c’è da sorprendersi se il presidente USA la detesta, quasi più del Paese del Dragone. E Francia e Italia vengono subito dopo, costituendo insieme a Berlino gran parte del surplus commerciale. Nel caso del Belpaese, il dollaro forte è una buona notizia per le esportazioni, ma la politica protezionista sicuramente danneggerebbe anche noi.
Intervista ad Alberto Forchielli pubblicata su AdviseOnly”
Lascia un commento