Il 20 maggio scorso, a Bologna, sono stato invitato come relatore alla seconda edizione del “Festival della Scienza Medica”. Il tema del mio intervento è stato il seguente: “La Cina è sempre più vicina. Medicina, ricerca e modelli d’impresa a confronto”. Per una piacevole chiacchierata che non si è sviluppata solo su questioni prettamente mediche – di cui, evidentemente, non sono un esperto – ma anche su ricerca e innovazione cinese in genere. E credo valga la pena di approfondire ancora il discorso.
La Cina – ho premesso a Bologna – è ormai avviata da tempo, in maniera progressiva, a divenire “fruitrice” di benessere e salute al pari del mondo occidentale, ma, soprattutto, intende adottare e applicare nuove modalità di intervento per affrontare i problemi sanitari interni, dando così vita a un mercato con un enorme potenziale economico e sociale. Allo stesso tempo, all’interno del Paese, è possibile individuare le altrettanto enormi potenzialità legate al contesto della ricerca e dello sviluppo: negli ultimi decenni il governo e le aziende cinesi hanno infatti compiuto considerevoli passi avanti nell’applicazione e nello sviluppo di tecnologie d’avanguardia . E in un tale contesto è risultato sempre più rilevante il ruolo che le grandi istituzioni finanziarie possono svolgere nell’accompagnare i processi di sviluppo e cooperazione. Paradossalmente – almeno per noi occidentali – ciò avviene in un ambito non particolarmente democratico. In questo senso i sinologi si dividono in due categorie: vi sono quelli che sostengono che l’innovazione cinese cresce di più con un relativo accrescimento di libertà e democrazia nel Paese e quelli che non vedono questa relazione “innovazione-democrazia”. Per oggettività – l’innovazione cresce nonostante i regimi forti che vi sono in Cina come a Singapore, Corea del Sud e Taiwan – io sto con i secondi.
Oggettività legata ai numeri. In Cina, per esempio, annualmente si spendono 200 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, un trend che la porterà nel 2019 aessere in questo settore il primo Paese al mondo. Qui, sempre in un anno, vengono formati 30mila ingegneri, mentre negli USA sono soltanto mille! Zhongguancun, a Pechino, e Shenzhen sono ormai di fatto la versione continentale della Silicon Valley. E già da tempo la Cinaè il primo Paese al mondo come numero di brevetti: 820mila nel 2013. Per non parlare del numero di nuove società per anno: 4,43 milioni nel 2015, con un incremento del 21,6% sul 2014; che significa 8 nuove società ogni minuto! Con la previsione che nel prossimo decennio l’innovazione porterà in dote all’economia cinese, per anno, da un miliardo a 2,2 miliardi di dollari, equivalenti al 24% del PIL totale.
Di fronte a questi numeri pazzeschi, il governo si gode i risultati – i settori degli elettrodomestici, dei software per internet e servizi, dei pannelli solari e delle macchine di movimento terra, vanno molto bene – ma sa anche che deve trasformare il manifatturiero in termini di produttività e ingegnerizzazione, oltre al settore dei servizi con la crescita della connettività internet.
Nello specifico, per quanto concerne il biopharma, il mercato farmaceutico cinese vale circa 150 miliardi di dollari, con un terzo riferito solo al biotech (mentre i mercati di America ed Europa valgono 350 miliardi ciascuno, di cui la metà in biotecnologie e nuovi farmaci). E la Cina negli ultimi decenni è diventata famosa per la chimica e per le medicine a prezzo basso, visto che la maggior parte delle società farmaceutiche locali sono ancora concentrate sul mercato nazionale costituito da farmaci generici. Ora però la biotecnologia è il cardine del piano governativo quinquennale 2016-20e possiamo stare certi che questo spingerà il biopharmacinese fino a diventare una potenza mondiale.
Ciò accadrà anche grazie a un dettaglio non da poco. Negli USA, Kendall Square è il centro mondiale delle “Life Sciences”, nonostante il MIT di Boston non abbia una facoltà di medicina e nemmeno una clinica universitaria. Com’è possibile? Perché il DNA è una combinazione miliardaria di 4 lettere. Vuole dire cheoggi il corpo umano è esprimibile con il linguaggio del computer. Ecco quindi che i 30mila cinesi laureati in ingegneria annualmente nell’immediato futuro potrannogiocare un ruolo decisivo. Ma va anche detto che per avere un ruolo da protagonista mondiale nel biopharma, la Cina deve crescere dal punto di vista etico – anche e soprattutto a livello istituzionale – e nella tutela dei brevetti, dove oggi è ancora decisamente indietro.
Un quadro simile cosa insegna a noi occidentali, italiani compresi? Che far studiare la matematica ai nostri figli può essere una eccellente opzione per il loro futuro.
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