I Copti

Quanti sono i copti? Almeno in teoria fornire una risposta a questa domanda nell’era dei computers e dell’informatica dovrebbe risultare un compito estremamente facile . Siamo in Egitto però , e sulle rive del Nilo spesso il facile diviene difficile , il certo illusorio, lo stabile contingente. Ufficialmente , ma solo ufficialmente , i copti sono il 10/12 per cento degli egiziani , vale a dire di una popolazione che dovrebbe aggirarsi fra gli 80 ed i 90 milioni di persone.
Non vi stupisca l’uso del condizionale , in questo caso obbligatorio considerata da un lato la reticenza del governo del Cairo ad ammettere come il paese stia rapidamente e rovinosamente correndo verso una era di sovrappopolamento , dall’altro l’inveterata abitudine dei fellah della valle del Nilo che di norma evitano la registrazione della nascita dei figli maschi nella speranza di salvarli dal tormento di un servizio di leva destinato a durare più e più anni.
Le stime percentuali del Governo sono però probabilmente taroccate al ribasso . Se interrogate i copti riceverete infatti risposte molto diverse che arrivano ad attribuire alla confessione sino al 18 per cento della popolazione nazionale. Con una stima intermedia possiamo quindi valutare come circa il 15 per cento degli egiziani sia copto, una percentuale considerevole specie in periodo di tensioni Inter religiose. In fondo gli ugonotti erano più o meno altrettanti nella Francia del sedicesimo e diciassettesimo secolo e la loro accanita resistenza alle persecuzioni maggioritarie dei cattolici coinvolse l’intero paese in guerre di religione destinate a durare tre generazioni.
Per di più i copti non sono equamente divisi in tutto il paese. Presenti più o meno ovunque , essi raggiungono pero’ le percentuali più alte nella media valle del Nilo in cui , in località come i centri urbani di Minia ed Assyut , sfiorano il quaranta per cento della popolazione….ed anche queste sono statistiche ufficiali e quindi probabilmente leggermente riviste al ribasso per ciò che li riguarda.
Non è di conseguenza una caso il fatto che gli attentati che li coinvolgono avvengano proprio in questi luoghi , in un certo senso di frontiera fra la religione cristiana e quella islamica , quando non prendono di mira località simbolo come Alessandria , l’area copta di El Fustat al Cairo o i tanti conventi che la pieta cristiana ed il monachesimo – orgogliosamente rivendicato dai copti come una loro creazione – hanno sparso nei deserti d’Egitto.
Al contrario di quasi tutte le altre minoranze cristiane che costellano le terre dell’Islam i copti non sono una minoranza rassegnata. Sanno bene che a suo tempo hanno perduto le battaglie decisive non riuscendo ad arrestare i cavalieri beduini di El Amr , che porto’ le bandiere verdi del Profeta sulle rive del Nilo , alle frontiere di quella che l’Apostolo Marco aveva convertito trasformandola nella prima terra della cristianità . Lo sanno , non riescono a dimenticarlo e se ne puniscono , infliggendosi una quaresima di cinquantacinque giorni di cui quindici per chiedere perdono a Dio della sconfitta . Allo stesso tempo quando parlate coi copti finirete sempre col percepire in fondo ai loro discorsi la speranza che è quasi la certezza di una rivincita futura. Che verrà chissà quando , ma che appare a tutti loro quale doverosa ed inevitabile.
I copti sono in Egitto una forza economica e politica tanto considerevole che nessun governante potrà mai permettersi di dimenticarla o trascurarla. Al massimo , come tra l ‘altro avvenne ai tempi di Mubarak , eventuali tensioni con la confessione potranno trovare il loro sfogo in momentanei esili dei Papi copti confinati per anni , come Chenouda Terzo, nei conventi di Wadi Natrun . Senza però che ciò intacchi minimamente il rapporto della comunità col Governo o con la classe dirigente , le cosidette “duemila famiglie” che in pratica possiedono l’Egitto .
Della classe dirigente tra l’altro molti copti fanno parte. Fra le duemila famiglie quelle copte sono numerose , anzi numerosissime , raggiungendo una percentuale che supera di gran lunga l’incidenza copta sulla popolazione nazionale . Meno forte , o forse solo meno appariscente , è il loro impatto politico , anche se fra i Ministri dei vari Governi che si sono succeduti negli ultimi decenni alla guida del paese è stato ben raro il caso che non vi fosse almeno un copto , e spesso incaricato di una funzione chiave. Il caso più conosciuto qui in Europa è stato quello di Boutros Boutros Ghali , prima Ministro di Stato per gli Esteri di Mubarak e successivamente Segretario Generale delle Nazioni Unite
Di recente poi i copti si sono dimostrati una forza determinante per l’ascesa del Generale El Sisi , appoggiandone prima il colpo di stato che ha liberato l’Egitto dal controllo della Fratellanza Islamica , poi la successiva elezione a Presidente che ha almeno in parte riportato la situazione nell’alveo della legalità costituzionale . Dal canto suo El Sisi ha reciprocato con una attenzione costante , costellata di gesti clamorosi . Famosi in tal senso sono rimasti i continui inviti alla Università di Al Azhar affinché predicasse un Islam condizionato dal rispetto per le altre fedi monoteistiche. Inoltre il Presidente ha anche preso parte , ed in più di una occasione , alla celebrazione di solennità religiose copte , caso unico fra i governanti di paesi islamici .
Anche al recente attentato che ha coinvolto nei pressi di Minia i pellegrini copti diretti a conventi persi nel deserto El Sisi ha reagito con immediata durezza inviando la sua Aeronautica a bombardare le basi di addestramento dei terroristi in quel deserto libico del Fezzan in cui sembra che l’ISIS si stia lentamente riorganizzando. Basterà però questo a rassicurare i copti , già feriti da due precedenti terribili attentati uno dei quali ha rischiato anche di coinvolgere il loro Papa attuale , Tawadros secondo?
C’è da sperarlo perché ulteriori tensioni derivanti da scontri interconfessionali sono di sicuro ciò di cui meno ha bisogno un paese come l’Egitto , che affronta gravi problemi economici che non appare per il momento in grado di superare ed e’ nel contempo dilaniato da una logorante guerriglia nel Sinai che il Governo non arriva a debellare neanche con l’aiuto più o meno esplicito di Israele.
C’è però nel contempo anche da temere che in un crescendo di disperazione alimentato magari da altri sanguinosi attentati , i copti decidano in un futuro non lontano di provvedere in proprio alla loro sicurezza , cosa che potrebbe rapidamente trasformare l’Egitto in un nuovo Libano ma di ben altre dimensioni. Auguriamoci che ciò non avvenga e nel contempo , se vogliamo veramente lavorare per quella pace in Mediterraneo di cui tutti parlano mentre ben pochi appaiono disposti a fare qualche cosa , cerchiamo di consolidare il Governo e le Istituzioni di quel paese con cui per tanti e tanti anni abbiamo mantenuto una relazione privilegiata .
Facciamolo ben consci del fatto che esistono Italia ed Egitto problemi gravi , uno per tutti quello del povero Regeni , che richiederebbero una soluzione tanto equa quanto rapida. Consci però al medesimo tempo di come l’interesse di un popolo debba passare avanti ad ogni altra considerazione nonché di come , allorché nessuna soluzione appaia come quella ottimale e la scelta sia obbligatoria , essa debba per forza orientarsi verso quello che appare come il male minore.
Appoggiamo quindi El Sisi , pur sapendo quali e quante siano le lacune del suo Governo nel settore della libertà , della democrazia e dei diritti umani , ma agendo nella consapevolezza di quanto sia profondo il baratro in cui potrebbe cadere l’Egitto se si dileguasse anche quell’ordine , imperfetto quanto si vuole ma pur sempre ordine! , che egli riesce ancora a garantire.
 
Articolo già pubblicato su Limes

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