Stare al mondo è sempre più dura. La Juve ha pure perso la Champions tanto agognata e le magliette con scritto “una finale non si gioca, si vince” sono finite nella raccolta-stracci. Lo slogan non va bene nemmeno per il Bologna che è tornato in Serie A dopo una sconfitta e tre pareggi nei playoff, peggio di una manovra da lacrime e sangue. E intanto, l’atmosfera che si respira, tra Italia e Cina, ce la facciamo descrivere dal nostro eroe.
Alberto, il Bologna è tornato in Serie A grazie a tre tiri dei rispettivi avversari sulla traversa a tempo scaduto nelle ultime tre partite giocate. Tutto ’sto culo lo “sconteremo vivendo”? “Va detto che negli ultimi 50 anni di culo non ne abbiamo mai avuto ma di sicuro con tutte queste traverse ci siamo giocati quello dei prossimi 10 anni. Contro la sfiga futura confido nei soldi di Saputo ma non penso che anche lui, nonostante la sua enorme ricchezza, si voglia svenare per far godere i ricchi bolognesi che non hanno avuto il coraggio di tirar fuori un euro per il Bologna. E poi devo ammettere che la Serie A è scaduta. Vent’anni fa in Asia avevano tutti la maglia delle squadre italiane, soprattutto del Milan. Oggi hanno solo quelle della Premier League. E quelle poche italiane che si vedono sono sempre le stesse di quella volta, di quarta mano, indossate dai Pony Express. Che tristezza.”
A proposito di tristezza. Qualche settimana fa abbiamo commentato la nuova iniziativa cinese nel quadro della campagna anticorruzione di Xi Jinping, con 70 quadri del partito comunista e alti funzionari governativi che sono stati portati per un giorno in carcere a incontrare gli ex colleghi condannati per corruzione. Ma com’era la vita in Cina prima della campagna anticorruzione? “Io vivevo a Shanghai ed era magnifico perché era una nuova frontiera, nel senso di una grande metropoli senza nessun tipo di società pre-esistente, ovvero senza grandi famiglie e senza club esclusivi e perciò si respirava un’atmosfera molto aperta. Arrivava gente da tutto il mondo per conoscersi. La vita notturna era sfrenata ma era comunque una città sicurissima, tranquilla, senza criminalità. Bastava non toccare il partito comunista e potevi fare tutto. Insomma, come la Chicago degli anni Trenta ma senza Al Capone. Dal 2007 al 2012 sono stati anni molto belli e irripetibili.”
Hong Kong era diversa? “Sì, perché ci sono club esclusivi e vecchie famiglie potentissime. A Shanghai non c’era nulla. Era una terra di conquista non classista. Con l’Expo 2010 l’atmosfera si è incrinata e il nuovo governo ha sbaraccato tutto. E dico che per certi aspetti l’impronta moralizzatrice è giusta. In quegli anni c’erano più Porsche a Shanghai che a Stoccarda. Adesso hanno stretto la cinghia. Ci sono meno stranieri e i ricchi cinesi ostentano meno.”
E adesso con l’ondata moralizzatrice? “Shanghai è sempre bella ma si respira un clima più severo. E tra 15 anni lo faranno anche loro il superbollo. Non come noi per disperazione. Loro lo faranno per moralizzare. E soprattutto lo faranno il giorno in cui decideranno che bisogna comprare la Porsche cinese al posto di quella tedesca.”
Ancora a proposito di tristezza. Il divario tra ricchi e poveri diventa esponenziale anche in Italia. Difatti nel periodo 2009-2014 la quota di cittadini ricchi con patrimonio superiore ai 10 milioni di euro è cresciuta ogni anno di circa il 16% (dati di Unicredit). Come commenti questi numeri? “Sinceramente non so se è il patrimonio dei ricchi a crescere oppure se sono i miserabili che stanno scomparendo dai conti ufficiali. Nel senso che ci sono un sacco di situazioni da valutare. Una, per esempio, è che se lavori in nero poi non compri più o, meglio, compri in nero. D’altronde in Italia chi lavora in regola non copre le spese. Siamo arrivati a questo punto. Va anche detto una volta per tutte che l’evasione è una storiella…”
In che senso? “Nel senso che è un mito della sinistra. La verità è che l’economia in Italia è senza margine. Sono in pochi che lavorano e questi pochi hanno pochi margini. Ed è una economia che inevitabilmente non crea grande ricchezza. In Cina sono in pochissimi che pagano le tasse però stanno tutti sempre meglio perché l’economia cinese crea grandi margini di ricchezza. Ecco come stanno le cose.”
In un clima simile non aiuta vedere gente per strada che usa il machete o bivacchi di disperati nei punti nevralgici della viabilità italiana… “Dopo la Banda della Magliana e quella del Mondo di Mezzo, abbiamo anche la Banda dei Latinos, non ci facciamo mancare proprio niente. Ci facciamo un festival con tutte queste bande, mentre fare il controllore di treno è come fare una supplenza a Rambo. Con Ventimiglia invasa dai profughi, Milano con i negozi vuoti occupati e con i negozi di via San Vitale a Bologna dove da anni non c’è più un italiano dentro. Al di là delle gag, l’angoscia che la situazione migranti provoca in me è di gran lunga superiore all’aspettativa che il nostro PIL possa crescere dell’1%. So che l’1% di crescita PIL è nulla e non modifica né il tenore di vita degli italiani né il problema della disoccupazione giovanile né tanto meno il nostro debito che continua ad aumentare in valore assoluto e relativo. Mi rendo invece conto che le ondate migratorie che stanno arrivando non son altro che la punta dell’iceberg di un tema epocale destinato ad aumentare e forse a cambiare il tessuto sociale di tutta l’Europa in tempi molto più rapidi di quanto io avessi mai potuto anticipare. Le mie battute non sono figlie di un uomo cinico, bensì di un uomo spaventato.”
E con tutte quelle traverse ci siamo giocati il culo dei prossimi 10 anni.
Forchielli intervistato da Michele Mengoli per Oblòg (26 Giugno 2015)
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