L’atterraggio dell’economia cinese è tornata in cima alle preoccupazioni di Wall Street, soprattutto dopo che Apple ha annunciato un brusco calo delle vendite proprio nel Paese del Dragone. Secondo il senior fellow dell’università di Yale, Stephen Roach, quello della Mela è il campanello d’allarme e “probabilmente” altre aziende saranno presto chiamate a rivedere le proprie previsioni considerati sul giro d’affari in Cina. Intervistato dall’emittente Cnbc, Roach ha messo in evidenza come chi si augura il peggio per l’economia cinese non comprende come fra gli Usa e Pechino ci sia una relazione “a due direzioni” in quanto è già il terzo importatore di beni dagli Stati Uniti e quello in maggior ascesa.
Al di là della strategia dell’amministrazione Trump, che rischia di provocare una deriva protezionistica dannosa anche per gli stessi Usa, l’imprenditore Alberto Forchielli ha piuttosto messo l’accento sulle debolezze intrinseche dell’economia cinese. Debolezze che Apple avrebbe scontato nelle previsioni di vendita nel mercato del Dragone. In un’intervista rilasciata Forbes Italia, il fondatore di Mandarin Capital Partners (noto per le sue conoscenze delle economie orientali, oltre che per lo schietto linguaggio) ha dichiarato che: “lo sguardo di Apple su quanto sta davvero succedendo in Cina è probabilmente più affidabile delle informazioni ufficiali sullo stato dell’economia cinese. In altre parole potrebbe essere più una brutta notizia per la Cina – e per l’economia mondiale – che per Apple”. Sì, perché, secondo Forchielli, le statistiche sul Pil cinese (+6,5%) sarebbero talmente “fasulle” da mascherare una “recessione” già in atto.
Il caso-Apple, poi, mostra anche una nuova tendenza nelle abitudini di consumo dei cinesi, affezionati sempre più al loro Made in China. “I consumatori cinesi si stanno dimostrando sempre più nazionalisti”, ha detto Forchielli, “lo erano anche prima, ma adesso che i prodotti cinesi sono all’altezza di quelli importati, lo sono senza ritegno… ormai i cinesi sanno fare cellulari di qualità paragonabile ad Apple. Questo, unito alle tensioni, ha provocato una vera e propria ondata di ‘compra cinese’: moltissime imprese locali danno premi ai dipendenti se si sbarazzano di tecnologia americana e comprano quella nazionale”.
Articolo di Alberto Battaglia, pubblicato su Wall Street Italia, 09.01.2018