Riflessioni dal Regno Unito

Di Matteo Bartolini
 
Odissea Brexit. La premessa è questa. Theresa May proverà a sottoporre al parlamento la sua “via di fuga”. Al contempo, però, dovrà contare gioco forza sul supporto dei Labour. Con quale variabile non secondaria? Che il loro leader, Jeremy Corbyn, è fuori dal mondo e dal tempo. E per questo potrebbe anche essere capace di votare contro la proposta della May. Con la conseguenza di lasciare il Paese nell’incertezza più totale.
Intanto nel Regno Unito, inevitabilmente, l’atmosfera di attesa è sempre meno positiva. Il mercato sconta il clima di incertezza. I prezzi delle case non crescono. E, non ultimo per importanza, le transazioni sono calate del 27%. Sintetizzando? Siamo in pieno standby.
Tanto per dire. Land Rover ha comunicato la decisione di poter lasciare la storica produzione a Solihull (Birmingham) per la più accogliente Europa. Stessa solfa per BMW che per la Mini Cooper Hybrid tiene per adesso il piede in due staffe: Oxford ma anche Monaco di Baviera. Mentre le università locali, anche quelle più prestigiose, con meno studenti europei, rischiano un discreto buco nei rispettivi bilanci. Con un paio di esempi illuminanti: anche i londinesi Kings College e Imperial College urlano la loro sofferenza. Insomma, siamo di fronte a un bel caos perché se non consenti agli studenti di crearsi una vita e un percorso professionale dopo l’università, difficilmente decideranno di studiare nel Regno Unito, visto che il mondo di oggi ha bisogno di semplificare, non certo di complicare la vita delle persone.
Parliamoci chiaro. Non è solo una questione di business. L’incertezza fa male anche alla sfera privata. In questo senso Philip Hammond e la Bank of England hanno chiarito che il peso delle future regole tra Regno Unito ed Europa potenzialmente potrebbero risultare disastrose per gli abitanti dell’Antica Albione con le famiglie che subirebbero il contraccolpo più pesante a suon di migliaia di sterline di debito in più per anno. Con inevitabili tagli su Sanità e Istruzione, a svantaggio, ovviamente, dei ceti meno abbienti.
E gli italiani d’Inghilterra? Qui sono ancora in tanti. Spesso mi fermo a fare due chiacchiere con loro, soprattutto nei caffè, nei ristoranti e nelle pizzerie. Anche in questo caso è la solita guerra tra poveri. La maggioranza dei nostri connazionali proviene dall’atavico serbatoio di disoccupazione della nostra bella e disperata Italia del Centro e del Sud. Con un drammatico parallelo con i migranti sui barconi, anche loro immaginano il Regno Unito come il paese dei Balocchi. Poi finisce che scoprono quello che qui viene tristemente chiamato: “London Game”. Ovvero quel “frullatore” che dopo 2 o 3 anni ti ha spremuto a dovere, e ti fa tornare a casa, nel Bel Paese, con la consapevolezza che costruirsi una vita a Londra è, almeno per loro, quasi impossibile.
Quindi, in conclusione, il quadro è di grande incertezza, e nell’attesa della lunga negoziazione con l’Unione Europea, non lascia trapelare ottimismo nemmeno pensare alla storia recente. Perché gli stessi governi Tories degli anni Ottanta hanno dimostrato di non avere nessun tipo di problema nel mettere le famiglie in difficolta per una decina di anni. D’altronde la storia dell’Impero è ben più lunga. Dio salvi la Regina? Be’ forse oggi è meglio sussurrare: Dio salvi gli inglesi.

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