I danni dell’assenza di cultura scientifica sono incalcolabili (Parte III)

La terza ed ultima parte, della trilogia di articoli del mio follower Ciro Balestrieri
Un breve ricorso storico per capire che le scoperte possono spaventarci ma ci rendono più ricchi
Da sempre molte scoperte scientifiche e le tecnologie derivanti da esse hanno incusso terrore in molte persone, anche in scienziati stessi, perché quando alcuni fenomeni non sono del tutto compresi si è molto spaventati dai possibili effetti. Le prime “testimonianze” nel mondo moderno possiamo ritrovarle nel famoso romanzo di Mary Shelley Frankenstein, o il moderno Prometeo, nel quale il Dr Frankenstein (tra l’altro nato a Napoli) dà vita al mostro utilizzando l’elettricità. Il libro venne pubblicato nel 1818, proprio nel periodo ampio interesse nei fenomeni elettrici. Difatti da pochi anni era morto Luigi Galvani e da poco tempo Alessandro Volta aveva inventato la pila. Si pensa che l’autrice abbia tratto ispirazione da un lavoro di inizio ottocento del nipote di Galvani, Giovanni Aldini il quale ipotizzava la possibilità di riportare in vita gli essere umani tramite scariche elettriche. A fine ottocento Stevenson scrisse Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde dove lo scienziato Jekyll mette a punto una pozione in grado di trasformarlo nel suo alter ego Hyde. In quegli anni la chimica era la scienza “di grido” e molte persone non sapevano fino a quanto potessero spingersi le sue applicazioni e la creazione della “pozione magica” dimostrava quanta superficialità ed ignoranza c’era sul tema (e c’è anche adesso, purtroppo). Nel novecento si è passati dai libri ai fumetti grazie a Stan Lee e Steve Ditko con la creazione dei personaggi Hulk e Spiderman. Entrambi gli eroi Marvel hanno esordito nel 1962, in piena guerra fredda nella corsa agli armamenti nucleari. Il fisico Bruce Banner a seguito delle irradiazioni prodotte dall’esplosione del reattore nei suoi laboratori mentre lavorava guarda caso ad un progetto militare e poco dopo si trasforma in Hulk, mentre lo studente Peter Parker dopo essere stato morso da una ragno soggetto a radiazioni acquisisce i “sensi di ragno”. Anche nella serie animata The Simpson il nucleare è presente in chiave comica, essendo Bart un fan dell’Uomo Radioattivo ed il suo amico Milhouse in un episodio interpreta il suo fedele aiutante, il Ragazzo Ionico. Chiaramente è la fisica nucleare il filo conduttore di tutto, venuta alla ribalta dopo le bombe di Hiroshima e Nagasaki. Anche il cinema ha fatto la sua parte con la pellicola “Io, Robot” con la stella di Hollywood Will Smith. Il film reinterpreta la raccolta di racconti di Isaac Asimov a cavallo degli anni 40’-50’ nel quale si pone l’attenzione su un tema ancora d’attualità, ossia se le macchine potranno mai scappare al nostro controllo e rivoltarcisi contro. In quegli anni il matematico britannico Alan Turing interpretato recentemente dal connazionale Benedict Cumberbatch in The Imitation Game a Bletchley Park intento decodificare i messaggi nazisti criptati da Enigma pose le basi logiche dei moderni computer nell’articolo On computable Numbers, with an application to the Entscheidungsproblem del 1936 durante il dottorato e nel 1950 con Computing Machinery and Intelligence all’interno del quale esordisce con una delle più meravigliose aperture dell’intera letteratura scientifica: “I propose to consider the question, “Can machines think?” introducendo il suo omonimo test. Ovviamente la comunità scientifica sa benissimo che le macchine non potranno mai avere il sopravvento ma ancora oggi una parte della popolazione mostra una certa riluttanza ad accettarlo. Infine, anche la televisione ha fatto la sua parte producendo la serie Orphan Black dove l’attrice Tatiana Maslany interpreta differenti sorelle cloni create sfruttando l’ingegneria genetica, molto di moda nell’ultimo periodo dopo la scoperta di Watson, Crick e Franklin della struttura a doppia elica del DNA nel 1953, e come abbiamo già attestato suscita spesso inutilmente grandi apprensioni. Questo ci fa capire come sia intrinseco nell’essere umano la paura di ciò che è nuovo e ancora non si conosce, ma studiando in maniera analitica e rigorosa, le paure iniziali spariscono e fanno largo ai possibili vantaggi ottenibili dalle scoperte. È da rimarcare che il caso Italia come spesso accade è peculiare, da un lato ci sono delle eccellenze nei propri settori come i già citati Rubbia, De Luca e Pellegrini e dall’altra la stragrande maggioranza della popolazione con un livello di istruzione tra i più bassi del mondo occidentale con grandi carenze scientifiche, e se si guarda a chi ha scritto o prodotto i personaggi di fantascienza sopracitati si vede come nessuno di questi sia italiano. Nonostante la narrazione quotidiana per cui gli italiani sono un popolo a matrice umanistica molte delle nostre punte di diamante fanno parte dell’universo scientifico, anche se spesso non lavorano nel Belpaese (quello che ne rimane) per via della mancanza di finanziamenti. Ancora oggi nonostante lo stato di degrado in cui versa il mondo accademico sono rimasti alcuni settori specifici come quello della fisica di altissimo livello (i fisici italiani sono uno dei pochissimi prodotti dell’università apprezzati all’estero, ma non nello stivale), e se si investisse seriamente in tecnologie come la fissione del Torio il nostro paese avrebbe tutte le carte in regola per giocarsi la leadership in un settore cosi remunerativo e strategico come quello dell’energia, cruciale per le prossime migliaia di anni. Solo con l’ingresso del pensiero scientifico nella cultura di massa si potranno evitare di demonizzare a priori determinati settori e/o discipline e finanziare con criterio progetti fondamentali allo sviluppo della nostra società evitando stupidi allarmismi. Perciò, quanto ci costa la mancanza di cultura scientifica nella nostra società? Ci costa moltissimo poiché abbiamo un più lento sviluppo tecnologico, quindi un minore benessere derivante da quest’ultimo, meno lavoro di alto livello e di conseguenza la ricchezza collettiva della popolazione è decisamente più bassa di quanto potrebbe e dovrebbe essere.

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