I ragazzi in Italia, che siano altamente formati o meno non trovano lavoro, o se lo trovano hanno una paga miserabile. In un mercato del lavoro che si globalizza è chiaro che ragazzi se ne vadano dove trovano lavoro o dove vengono ben pagati. Quando andai all’estero, 38 anni fa, l’idea era quella di tornare, adesso non ci pensano più a tornare qua. Io questi ragazzi li vedo fuori, quando sono in giro per il mondo, e noto che sono completamente scollegati dall’Italia. Ormai la differenza, fra come ragione chi resta e chi è fuori, è enorme.
In Italia i ragazzi sono ingabbiati come topi con questa cultura demenziale egoistica dei già vecchi che dicono che devono restare per ricostruire il Paese. Ma come? Quello dei vecchi non è altro che un egoismo feroce, vorrebbero che i figli restassero qua a fare loro da badanti.
Nel libro #TrovaLavoroSubito non raccomando di mandare i figli a studiare all’estero, perché è chiaro che sarebbe una scelta che non tutti si possono permettere, io raccomando di imparare un mestiere Globally Tradable. Poi se una famiglia ha dei risparmi, invece di lasciare un appartamento al figlio è meglio che li investa nella sua educazione.
Noi non attraiamo talenti per due motivi:
1. abbiamo paghe miserabili,
2. non abbiamo ecosistemi innovativi,
I lavori in america si creano a Silicon Valley, dove le aziende assumono migliaia di persone, arrivano nelle nostre facoltà di informatica prendono su i ragazzi e se li portano via, con dei contratti da minimo 160000 dollari all’anno. C’è differenza, da noi un ingegnere prende 1400 euro al mese.
I ragazzi con cui parlo mi fanno tenerezza. Nel 1955, quando studiavo economia a Bologna i problemi dell’Italia erano alta spesa pubblica, alta burocrazia, alta criminalità, alto costo lavoro, struttura industriale frammentata e la poca spesa in ricerca e sviluppo. Sono passati 42 anni e ditemi che cosa è cambiato in meglio?? Niente. Quindi è normale che una persona di 62 anni, come me, sia molto disincantata. Io questi ragazzi li guardo con tenerezza e loro hanno il diritto di credere o no a quello che dico, ma io ho il dovere di raccontare loro la verità, perché io per un po’ ho creduto che le cose potessero cambiare, ma adesso non ci credo più.
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