Il mondo globalizzato raccontato daIl’economista Alberto Forchielli, con la collaborazione di Michele Mengoli.
Lavorate di più. Pensate al futuro dei figli. Se siete giovani, sbrigatevi a emigrare. Leggete molto, soprattutto la stampa straniera. Se non sapete l’inglese imparate almeno a leggerlo. Evitate di seguire assiduamente la politica italiana, ma non perdete mai di vista ciò che succede vicino a voi. Non fate nessun affidamento sulla pensione. Non investite in titoli di Stato italiani. Lapidario, disincantato, non fa sconti a nessuno Alberto Forchielli, economista bolognese esperto di affari internazionali, presidente di Osservatorio Asia e fondatore del fondo di private equity Mandarin Capital Partners, già consulente di multinazionali, governi e della Banca Mondiale, nel suo ultimo
libro “Il potere è noioso” (Baldini & Castoldi) firmato con Michele Mengoli. La disamina è spietata.
«Le generazioni precedenti hanno fregato i giovani – dice Forchielli – e continuano a farlo. Chi ci governa non lo dice. Non può dire apertamente che la ripresa non c’è e non ci sarà. Bisogna evacuare i
giovani dall’italia, va fatta una nuova Arca di Noè per salvarli». Parole dure, quelle dell’autore, sul futuro dei Paesi industrializzati, di «Nonna Europa» e di un’Italia «alla cannadei gas». Occorre risvegliare le coscienze, in gioco è il futuro delle nuove generazioni e l’orizzonte è buio, tanto da affer-
mare che «i prossimi cinquanta anni potrebbero essere molto diversi e il passato, almeno economica-
mente, potrebbe essere rimpianto».
Forchielli divide il mondo globalizzato in due periodi: prima e dopo l’ingresso della Cina nel Wto, l’organizzazione mondiale del commercio. «Il mondo è già cinese – dice – perché loro lavorano di
più, studiano di più e sono in tanti. Ogni anno si laureano sette milioni di cinesi. Hanno una massa
critica, una capacità di mercato, per imporre a chiunque le proprie condizioni. Bloccano intellettuali
e aziende, Paesi e multinazionali, privano le imprese dei loro brevetti, e nessuno reagisce».
La Cina, del resto, è un mercato troppo appetibile per farselo scappare. Le grandi imprese americane dipendono dal mercato cinese per circa un terzo dei loro utili. E molto difficile per l’America e per l’Europa attuare una politica di contenimento della Cina, perché loro in un minuto ti azzerano investimenti di miliardi. Hanno in ostaggio le grandi industrie del
mondo, gran parte dell’agricoltura americana e dei tre quarti dei paesi in via di svuluppo che vivono di
materie prime: Basta che decidano di non comprare più il rame dello Zambia e lo Zambia salta.
I cinesi sono i più importanti clienti del mondo, hanno in cassa le cambiali di tutti i Paesi Nessuno è cosi folle dalitigare con il suo creditore e il suo cliente migliore». L’affondo di Forchielli apre inevitabilmente il dibattito.
«L’errore più grosso commesso nel 2001, accettare la Cina nel Wto – è la sua teoria – e il prezzo più alto
l’ha pagato l’italia. Questo perché i cinesi non hanno mantenuto gli accordi commerciali. Avevamo l’industria a più basso valore aggiunto, eravamo noi i cinesi del mondo. Loro, i cinesi veri, hanno distrutto i nostri mobili, il tessile, l’abbigliamento, le calzature, un pezzo di ceramica, le biciclette. Ora che hanno prodotto cosi tanto, non sanno più a chi vendere a basso costo. Per questo andremo incontro a un decennio di stagnazione». Forchielli spazia dalla storia alle esperienze personali e lascia uno spiraglio: «Occorre avviare un serio processo di controllo del territorio, altrimenti rischiamo di diventare il Messico d’Europa».
Articolo di Patrizia Ginepri, Gazzetta di Parma
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