Pur con tutti i limiti imposti da una instabilità di Governo che rischia ormai di divenire cronica, da un tasso di sviluppo inadeguato ai suoi bisogni , da una demografia galoppante che sforna in continuazione giovani destinati ad un futuro di disoccupazione , da ripetuti affondi terroristici associati a crescenti tentazioni estremiste che ne rendono insicuro più o meno tutto il Sud permettendo altresì all’ISIS elevatissime percentuali di reclutamento , la Tunisia rimane ancora il paese più prossimo all’Occidente fra tutti quelli che passarono , alcuni anni fa , attraverso la difficile prova delle cosiddette “primavere arabe”.
All’inizio , a dire il vero , Tunisi era apparsa avviata sulla facile strada di una progressiva deriva fondamentalista , favorita dalla presa di potere da parte di un partito – Ennada- che era espressione politica della Fratellanza Islamica e trovava nell’ Egitto di Morsi la controparte maggiore cui appoggiarsi in caso di bisogno.
Tutta una serie di fattori fra cui il tempo , la maturità del popolo tunisino , l’atteggiamento deciso della parte femminile della popolazione che considera le sue conquiste irreversibili , l’esempio negativo della traiettoria egiziana , la presenza di una società civile e di una classe media più importanti , in percentuale , di quelle degli altri paesi arabi , e – non ultima – l’esistenza di una classe politica cosciente e preparata hanno però concorso nell’arrestare il paese sull’orlo dell’abisso , riportandolo progressivamente nell’alveo delle sue tradizioni democratiche
In particolare l’annunciata rinuncia a continuare a considerare politica e religione come due aspetti indistinguibili del medesimo problema , espressa per Ennada da Gannoushi , la sua guida carismatica , ha riportato di recente la Tunisia nel novero dei paesi disposti a dare a Cesare ciò che è di Cesare ed a Dio quel che è di Dio.
La nuova posizione tunisina e’ indubbiamente una conquista della razionalità e del buon senso.
Allo stesso tempo essa costituisce un esempio di come la deriva fondamentalista di un paese possa interrompersi senza bisogno di ricorrere ineluttabilmente a soluzioni traumatiche , vale a dire a repressioni che spesso hanno l’unico effetto di fornire ai movimenti fondamentalisti vittime da poter poi indicare quali martiri. E le rivoluzioni , come si sa , prosperano soprattuto in brodi di cultura fecondati dal sangue dei cosiddetti ” martiri”!
In ogni caso comunque la svolta è una svolta fragile , tanto più fragile proprio in quanto essa va palesemente in contro senso rispetto a quello che e’ il filone di corrente dei paesi arabi sunniti in questo particolare momento storico.
All’ interno della Tunisia inoltre il movimento fondamentalista rimane forte. I giovani che lasciano il paese per raggiungere le fila dell’Isis in Libia sono ancora particolarmente numerosi . Numerosi anche quelli che prendono invece la filiera del sud , perdendosi poi in un Sahel perennemente in stato pre insurrezionale e percorso da bande che solo la condivisione dell’estremismo religioso accomuna.
Gli estremisti rimasti nel paese ricordano con nostalgia e frustrazione i primi mesi dopo la “primavera ” in cui , con Ennada da solo al Governo , la strada sembrava definitivamente tracciata ed il paese muoveva , apparentemente senza rimpianti , verso un integralismo progressivamente sempre più duro .
Era normale allora trovare davanti alle Università ed ai Licei attivisti islamici , doverosamente dotati di barba non rasata e callo della preghiera ( lo zibib ) al centro della fronte ,che indicavano al pubblico sdegno , ripetendone il nome per ore in potenti microfoni , le studentesse che si ostinavano a vestire all’Occidentale , a truccarsi , a non indossare il velo e magari a mantenere anche i capelli lunghi e scoperti, chiaro segno di interiore nascosta predisposizione alla lussuria. Una condanna alla dannazione del nome cui dopo poco diventava difficilissimo per le famiglie resistere.
A dispetto di tutti cambiamenti , e forse a causa di essi , la Tunisia continua pero’ a rimanere anche oggi un bersaglio privilegiato dell’estremismo.
In un caso l’aggressione ha addirittura preso la forma della occupazione armata di una cittadina prossima alla frontiera libica , nel quadro probabilmente di una operazione mirante da un lato a sondare le capacità di reazione delle forze governative , dall’ altro a verificare quali fossero gli umori generali della popolazione.
In altre azioni , più numerose , l’attacco ha mirato invece a colpire la maggiore risorsa del paese , il turismo , con una serie di attacchi – di cui i maggiori a Djierba , una spiaggia in altri tempi soprannominata “la dolce ” , ed al Museo del Bardo , a Tunisi – destinati a seminare la morte fra i visitatori del momento nonché il terrore ed il dubbio fra chiunque fosse stato intenzionato a visitare la Tunisia nel futuro.
L’eventuale inaridimento della fonte di reddito turistica costituisce in paesi come la Tunisia – ma anche come l’Egitto , come il Libano e molti altri del mondo arabo – un fatto più grave e maggiormente gravido di conseguenze di quanto non si possa di primo acchitto pensare.
Oltre a costituire una percentuale rilevante delle loro entrate in valuta estera ( di norma intorno al 15% del totale ) i soldi del turismo hanno infatti una caratteristica del tutto particolare , essendo gli unici che si incanalano subito per infiniti rivoli , raggiungendo pressoché con immediatezza le tasche di milioni di persone che possono beneficiarne all’istante.
Uccidere il turismo significa quindi distruggere la splendida enorme ragnatela della condivisione dei redditi ad esso connessi , incidendo sulla economia di sopravvivenza di un grandissimo numero di famiglie. Con tutto il malcontento , la frustrazione ed il risentimento verso lo stato che da ciò può derivare.
E chiaro , a questo punto , come le recenti conquiste della Tunisia costituiscano una architettura estremamente fragile che da un lato necessita e dall’altro merita di essere protetta.
Oltretutto se Tunisi dovesse essere costretta dalle circostanze a tornare indietro sulle proprie decisioni il fatto non mancherebbero di avere pesanti ripercussioni non soltanto nella intera area magrebina ma anche nei connessi teatri strategici del Medio Oriente , della Penisola Arabica e primo fra tutti del Sahel.
Aiutare Tunisi? Ma e’ possibile? Certamente , ed in molti settori non c’ è neanche bisogno di effettuare sforzi di fantasia , poiché in altri tempi si è studiato a fondo quanto l’ Occidente , ed in particolare l’Europa , avrebbero potuto fare per il mondo arabo . Un processo che aveva generato idee e progetti…..tutti indistintamente messi da parte allorché si è deciso che l’Est ed il Nord europei dovevano risultare assolutamente prioritari rispetto ad ogni altra esigenza.
Così non è mai stata realizzata la Banca Europea Mediterranea , che avrebbe dovuto essere il contraltare della BEI e soprattutto della BERS operando in una ben differente area geografica. Così non è stato altresì mai avrviato il progetto a lungo dibattuto di una Università Mediterranea articolata su due sedi , di cui l’una in Europa e l’altra nel Nord Africa . Così infine non è stato fatto alcuno sforzo nel settore della istruzione professionale superiore , indicato concordemente da tutti gli studi come il più importante per la scolarizzazione del mondo arabo . E ciò e’ avvenuto nonostante i probanti esempi di straordinario successo costituiti dagli Istituti Tecnici dei salesiani dislocati in Nord Africa.
Una situazione che poi si ripete in cento , mille altri settori….. In quello della cultura , ove proprio noi italiani potremmo contribuire a far crescere le future generazioni tunisine in un rapporto nuovo e differente con il loro passato storico ed artistico. Od in quello della sicurezza , ove gli agenti ed i militari tunisini potrebbero fruire di un addestramento specializzato ed approfondito impartito da paesi d’Europa che in fondo condividono con Tunisi problemi analoghi ed il medesimo nemico. E che potrebbero anche associarsi per contribuire a dotare gli amici dell’altra sponda di mezzi più
adeguati alla sfida in corso. Oppure in quello dei mass media che dovrebbero avere la capacita di evidenziare il buon esempio tunisino , imponendolo se non altro con tutte le sue luci alla attenzione di tutti i paesi sunniti che in questo momento lottano per contenere la pazzia dilagante di un sonno della ragione che ogni giorno genera inediti mostri. Per non parlare poi di quanto si potrebbe fare sulla rete…
Infine la Tunisia potrebbe essere aiutata anche nel settore della emigrazione , considerandola paese privilegiato e fissandole delle quote annuali ben più generose di quelle concesse a chi non appare disposto a seguire la sua strada.
Sono soltanto alcuni esempi di una lista che potrebbe essere infinitamente più lunga , ma che richiede per trasformarsi da progetto in realtà la presenza di una precisa e decisa volontà politica. Proprio ciò che di norma ci manca ….ma riusciremo un giorno a superare anche questo scoglio?
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