Era bello avere certezze , sapere sempre chi fosse buono e chi cattivo , vivere in un mondo in cui gli amici stavano costantemente da una parte ed i nemici da quell’altra e degli amici sapevi che ti potevi fidare in ogni occasione . Era bello non essere sempre obbligati a scrutare , ad analizzare , a ricercare al di la’ di prese di posizione e dichiarazioni contingenti quella verità che soltanto una asettica e faticosa analisi dei fatti può a volte rivelare . A volte e non sempre , poiché la verità ha nella maggior parte dei casi tante facce da risultare sfuggente. O forse esistono spesso tante verità che convivono l’una con l’altra e sono tutte egualmente vere!
Era bello svegliarsi la mattina e sapere che , al di la’ delle increspature prodotte da avvenimenti contingenti , il quadro generale rimaneva sempre lo stesso e noi eravamo quelli buoni , schierati dalla parte giusta mentre gli altri , coloro che ci si opponevano , erano quelli che vivevano nell’ errore e che quindi alla lunga erano destinati a perdere . Cosa che poi e’ realmente avvenuta , ma certo non per il fatto che noi fossimo realmente i buoni e loro i cattivi , bensì per una sconfinata serie di altre ragioni.
Come era bello in ogni caso il nostro mondo bipolare , ordinato e manicheo, specie se eri nato dalla parte giusta! E’ comprensibile quindi che ancora oggi al Quartier Generale della Nato in Bruxelles gli Ufficiali ed i funzionari più vecchi , che hanno vissuto quel periodo , continuino a rimpiangere ” I buoni , vecchi tempi di prima della caduta del Muro di Berlino”.
Cosa significasse la fine del bipolarismo in termini di avanzata del caos ci mettemmo parecchio a capirlo . All’inizio ci illudemmo che le cose sarebbero state facili , e gli adattamenti agevolmente assimilabili. C’era fra l’altro un progetto , quello di Bush padre e del nuovo ordine mondiale , che almeno per lo spazio di un conflitto minore apparve realizzabile ed affascinante. In un certo senso si tornava ad una nuova forma di dualismo , contrapponendo un potere che aveva il monopolio della forza ad un altro potere che deteneva quello del diritto. Stati e Nazioni Unite avrebbero dovuto procedere in tale ottica in una costante dialettica , in cui gli uni avrebbero fornito gli strumenti cogenti mentre le altre rendevano legittimo con il loro assenso ogni eventuale intervento.
Non era un nuovo dualismo perfetto , ma esistevano in ogni caso una contrapposizione di forze ed un ordine destinato a nascere dal loro equilibrio. Almeno in apparenza si poteva continuare a dormire sereni , mentre Organizzazioni Regionali e “Coalitions of the Willings” create ad hoc gestivano le crisi e rintuzzavano le ambizioni generate dai vuoti di potere che divenivano di giorno in giorno più evidenti .
L’influenza di una serie di fattori che non erano stati considerati nel valutare il quadro complessivo fini’ pero’ col dimostrarci rapidamente come ” i buoni vecchi tempi ” fossero definitivamente passati.
Se da un lato il fenomeno della globalizzazione si evidenzio’ come la molla di uno straordinario balzo in avanti che interesso’ l’ umanità intera , dall’altro essa innesco’ un cambiamento tanto convulso da rendere impossibile governarlo . Si tratto’ inoltre di un cambiamento globale che investi’ tutto , dai soggetti agli obiettivi , alle regole , alla ripartizione della ricchezza , all’esercizio della potenza …generando un caos che si poteva al massimo sperare di cavalcare , anche se qualcuno si illuse per alcuni anni di avere la capacita di mantenerlo sotto controllo.
Nell’impossibilità di riformarsi per adeguarsi ai tempi , l’ ONU non riuscì a conservare il monopolio del potere legittimante e subito vi fu chi ne approfitto’ .
Nel 1999 , al vertice del cinquantenario nel Mellon Auditorium di Washington , la Nato si attribuì la facoltà di legittimare da sola i propri interventi . Due anni dopo , nel tragico settembre del 2001 , gli Stati Uniti fecero la medesima cosa allorché si tratto’ di legittimare l’attacco USA all’Afghanistan dei Talibani e di Al Qaida . Il commento del Segretario per la Difesa Rumsfeld , ” The blessing of the United Nations is welcome , but completely unnecessary!” , fu in quella occasione pienamente indicativo del nuovo clima che si stava creando.
Le ambizioni dei singoli protagonisti , alimentate dalla crescita dei vuoti di potere che si allargavano a macchia d’olio in zone chiave del mondo , crebbero sino a far prevalere l’idea dell’interesse individuale dei singoli soggetti , sempre e comunque privilegiato rispetto a tutti quegli interessi collettivi che in altri tempi avevano fatto premio. Un fenomeno al cui affermarsi contribuì anche , nella nostra parte del mondo , l’affievolirsi dei legami interni di organizzazioni come NATO ed UE , cresciute troppo rapidamente nel numero dei membri e per di più palesemente prive della acutezza politica , e forse anche della energia ! , per tutti quegli approfondimenti che la nuova situazione avrebbe resi indispensabili.
Si imponeva nel frattempo un nuovo rapporto di potere fra gli Stati sovrani . Un rapporto che equilibrio non era ne’ poteva esserlo , considerato come le relazioni di peso reciproche variassero di giorno in giorno , mentre alcuni protagonisti calavano di potere ed influenza mentre altri crescevano . I rapporti relativi divenivano quindi valori di un momento che potevano tranquillamente essere mutati il giorno successivo. A volte poi , per circostanze particolari, il trend subiva una battuta di arresto che ne mutava il ritmo o addirittura si invertiva.
Cosi gli USA , potenza principe ma declinante , riprendevano fiato col migliorare della loro economia mentre la Cina , paese in ascesa , doveva da un certo momento in poi fronteggiare un imprevisto calo della crescita peggiorato da una corruzione diffusa a tutti i livelli. La UE nel frattempo annaspava , prigioniera di crisi diverse che si succedevano senza interruzione . L’India accelerava per contro la sua marcia mentre altri BRICS , come il Brasile ed il Sud Africa , evidenziavano in pieno la fragilità del loro slancio iniziale . La Russia era in evidente ripresa , al punto tale da poter sperare di recuperare buona parte del ruolo ricoperto un tempo dalla Unione Sovietica . La Turchia osava troppo nell’ambito del caos islamico e doveva quindi parzialmente ripiegare cercando di ricostruire la sua ormai compromessa rispettabilità attraverso una rinnovata interazione con la UE ed in ambito Nato.
A fianco degli Stati si affermavano poi altri protagonisti , capaci di mobilitare e motivare enormi masse d’uomini , di dar vita a movimenti armati che potevano col tempo trasformarsi in veri e propri eserciti , di rimettere in discussione confini , strutture politiche e modi di vita che per lungo tempo erano stati tranquillamente accettati . In nome della religione il mondo islamico dava inizio ad una vera e propria “guerra mondale a pezzi” che se da un lato opponeva la movenza sciita a quella sunnita , dall’altra si esprimeva con un ulteriore conflitto , meno palese e combattuto sopratutto per proxies , mirante ad affermare la superiorità dell’una o dell’altra potenza regionale nell’ambito dell’ecumene sunnita.
Ci troviamo quindi in un particolare momento storico in cui tutto è cambiato rispetto al passato. Lo scenario non e’ più quello di venticinque anni fa ma è invece radicalmente mutato . Gli interessi non sono più gli stessi e molte volte sono cambiati anche i valori che ne determinano la definizione.
Gli amici di un tempo non sono più amici . O forse lo sono ancora per alcuni aspetti mentre per altri la valutazione andrebbe fatta di volta in volta , quasi momento per momento. Anche alcuni dei nemici non sono più’ così ineluttabilmente ed irreversibilmente nemici come erano un tempo. Su parecchi punti i nostri interessi ed i loro possono coincidere e tra l’altro molte volte ci ritroviamo ad avere nemici comuni , cosa che secondo la vecchia e saggia regola per cui ” il nemico del mio nemico è mio amico ” dovrebbe indurci a fare insieme quei pezzi di strada che avremmo in comune.
Nell’accettare questa nuova condizione siamo pero’ rallentati da almeno due grandi remore. La prima consiste nel fatto che una situazione tanto mutevole richiederebbe da parte nostra , o per lo meno da parte dei nostri leaders , una flessibilità intellettuale , di decisione e di azione che non siamo ancora assolutamente in condizione di esprimere.
La seconda deriva dal modo in cui risultiamo tutti vincolati , in maniera estremamente costrittiva, da un corsetto di legami difficilmente modificabili , una corazza che in altri tempi ci ha protetti ma che ora rischia di soffocarci . Le tre maggiori organizzazioni internazionali di cui facciamo parte continuano infatti a vivere nel passato e ad illudersi di vivere nel presente . Limitati o nulli sono invece i loro sforzi per tentare di proiettarsi nel futuro , dominate come esse sono da oligarchie che con notevole miopia politica mirano più’ alla preservazione di quanto conseguito nel passato che ad affrontare correttamente i problemi del mondo d’oggi.
Le Nazioni Unite riflettono ancora nella composizione del Consiglio di Sicurezza il mondo del 1945 e non sono state capaci di modificare di una virgola le regole che vigevano allora e vigono tuttora. L’unico tentativo serio di cambiare questa situazione è fallito alcuni anni fa e di questa sconfitta strategica del buon senso e dell’interesse collettivo noi italiani , che pure in quella occasione ci battemmo sul piano tattico in modo straordinariamente brillante , portiamo una buona parte della responsabilità. Così continuiamo a convivere con l’assurdità di un milione di indiani non rappresentati fra i Membri Permanenti del Consiglio mentre Francia ed Inghilterra fruiscono ancora di un ingiustificabile diritto di veto.
Non c’e’ da meravigliarsi se poi , allorché si riunisce l’Assemblea Generale annuale , il Segretario Generale Ban Ki Moon si rivela il primo dei critici attaccando con un discorso violentissimo , come ha fatto quest’anno , il modo in cui l’egoismo degli stati membri e l’obsolescenza delle regole finiscono col far si che il Consiglio di Sicurezza sia divenuto il peggiore dei freni per l’attività istituzionale della intera organizzazione.
Il Patto Atlantico , un tempo chiara espressione del legame esistente fra Europa e Stati Uniti nell’ affrontare un nemico comune che minacciava i valori condivisi e la sicurezza delle due sponde dell’Oceano , ha quasi completamente perso quella caratterizzazione politica che era alla sua base e rappresentava la sua grandezza.
Resta pero’ pressoché’ intatta la Nato , cioè l’ Organizzazione militare che l’Alleanza esprime , anche se ormai i suoi membri sono divenuti tanti e con interessi tanto contrastanti fra loro da rendere estremamente difficile conseguire un consenso che sia un consenso vero e non ottenuto in maniera leonina . Vale a dire forzando alcuni degli stati più deboli ad accettare comportamenti che essi avrebbero certamente rigettati se avessero avuto la possibilità di scegliere liberamente.
E’quanto e’ avvenuto almeno due volte con noi italiani , prima obbligati a combattere contro quei serbi che per cento anni ci avevano aiutato a non far scendere l’influenza tedesca nei Balcani a sud della Croazia , poi costretti a prendere le armi contro Gheddafi – che noi sapevamo tiranno ma in pari tempo insostituibile pilastro di stabilita’ per tutta l’area arabo berbera del Nord Africa – per evitare che le installazioni petrolifere del nostro ENI in Libia venissero rase al suolo dall’Alleanza a beneficio di altri membri dai denti particolarmente lunghi.
E non è che in tempi più recenti la situazione sia migliorata , se si considera come nel caso dell’Ucraina l’azione della Nato abbia tenuto in gran conto l’ostilità di Washington verso Mosca nonché le paure degli stati del nord/est europeo ma non abbia affatto considerato l’interesse di una Italia che dipende molto dalla Russia sul piano energetico e nel contempo la considera un partner indispensabile per la soluzione di quei problemi arabo/mediterranei che essa ritiene prioritari.
Fino a qualche tempo fa , in ogni caso , la presenza del Grande Fratello USA all’interno della organizzazione garantiva il fatto che tutti noi avremmo potuto contare su di lui per l’esercizio di un ruolo guida cui avrebbe corrisposto anche , come avvenuto nella gestione del decennio di crisi Jugoslava , un contributo di forze adeguatamente commisurato .
La nuova dottrina strategica del Presidente Obama , tradottasi nella pressoché totale cessazione dell’impegno nell’area arabo mediterranea , rischia pero’ di costringerci a dover aumentare in maniera forse sopportabile ma certo non gradita il nostro impegno nel settore della sicurezza . Per di più ciò avverrebbe con ritorni molto limitati , considerato come gli USA procedano al ritiro delle loro forze – per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale non vi è in questo momento una sola portaerei americana in grado di entrare in azione in un teatro mediterraneo o medio orientale- ma pretendano di mantenere intatta la loro influenza nonché la possibilità di condizionare con le loro scelte l’intero scacchiere.
E’ nel nostro interesse tutto questo ? Possiamo continuare a considerare la Nato e gli Stati Uniti come incondizionatamente amici allorché si assumono iniziative in questo settore? La materia meriterebbe più approfondita riflessione come lo avrebbe meritato quell’invito all’ingresso del Montenegro nella Alleanza , deciso nella più recente riunione dei Ministri degli Esteri , cui anche noi abbiamo aderito senza obiezioni nonostante fosse ben chiaro che esso avrebbe contribuito a peggiorare ulteriormente i già tesi rapporti occidentali con la Russia.
A concludere il ventaglio delle organizzazioni almeno teoricamente amiche vi e’ infine l’Unione Europea che da anni rimbalza di crisi in crisi tentando di curare malattie gravi con i cerotti e rifiutandosi di compiere scelte che pure i fatti hanno da tempo evidenziato non solo come indispensabili ma altresì come non ulteriormente dilazionabili. Al di la’ di tutte le critiche che si potrebbero rivolgere ad una Unione ancora priva di una Politica Estera e di Sicurezza Comune malgrado i rischi che tutti noi stiamo correndo , vi e’ da evidenziare come anche essa abbia trascurato per più di venti anni il fronte sud a beneficio di quello nord/est e come anche nel caso dei migranti si sia attivata seriamente solo quando si e’ aperto la rotta balcanica che indirizzava il flusso verso l’area della Germania e dei suoi satelliti mitteleuropei.
Anche sul modo in cui l’Italia e’ stata lasciata sola a fronteggiare l’ondata che si incanala in Libia e sul come essa venga tuttora rimproverata per non riuscire a volte a contemperare umanità della accoglienza e pratiche che potrebbero consentire domani ad altri paesi europei di rinviarci , grazie ad un regolamento folle , chiunque sia entrato in area comunitaria dalle nostre frontiere ci sarebbe da discutere , e parecchio!
Non e’ in ogni caso che con gli Stati le cose vadano meglio di quanto esse non procedano con le organizzazioni .
Degli USA , il maggiore ed il primo dei nostri storici amici , qualche cosa e’ stato già’ detto . Almeno un accenno va pero’ fatto anche alla Iniziativa del Trattato per il Commercio Trans Atlantico , uno strumento molto discusso che avrebbe forse effetti immediati di stimolo allo scambio commerciale reciproco ma che alla lunga sancirebbe una posizione permanente di socio di minoranza per l’Unione Europea. Cosa del resto pienamente in linea con la politica di un Predente USA che non perde occasione per dichiarare come non consentirà’ mai che qualcuno , fosse pure l’Unione Europea , possa crescere sino ad insidiare in qualche maniera il primato degli Stati Uniti nel mondo.
Anche la “cintura di amici ” che ci illudevamo di aver creato nel Mediterraneo islamico e’ da tempo in via di dissoluzione .
La prima botta glie la hanno data le “primavere arabe” che noi abbiamo inizialmente osannato senza comprenderne appieno il significato e che hanno fatto piazza pulita dei regimi più vicini all’Occidente aprendo la strada ad alternative che , salvo che nel caso tunisino , hanno permesso di scegliere unicamente fra il caos ed una inflessibile restaurazione.
In tale quadro la pedina più pericolosa si e’ rivelata quella turca , considerato il modo in cui il duo Erdogan/Davidoglu al potere ad Ankara giochi con abilita’ e spregiudicatezza usando come strumenti l’appartenenza del paese alla Nato nonché la funzione fondamentale che esso svolge nel controllare la rotta balcanica dei migranti. Nella sua ostinata ricerca della leadership in ambito sunnita , la Turchia cerca così in continuazione di coinvolgerci a fondo nel caos siro/iraqeno , una prospettiva che sarebbe invece nel nostro interesse evitare ad ogni costo.
Anche l’Egitto e’ sempre stato uno dei nostri migliori amici , il partner preferito della Italia sulla altra sponda del Mediterraneo. Lo e’ ancora? Certamente , se si esaminano le cose soltanto dal punto di vista della real politik , ma saremo sempre capaci di farlo senza cedere a tentazioni massimalistiche che ci portino a bollare , come avvenuto altre volte , un regime nato con un colpo di stato e quindi privo all’origine di quella legittimità che soltanto in parte le successive elezioni gli hanno restituito? Un altro interrogativo , l’ennesimo , che resta aperto.
Vi e’ da considerare infine come , mentre gli amici non possono più essere considerati soltanto come amici , anche i nemici non possano essere più’ visti soltanto come nemici.
Due esempi soltanto , quello della Russia e quello della Cina. Della prima si e’ già’ in buona parte detto , in vari accenni sparsi fra le righe. Resta da sottolineare soltanto come il deciso intervento di Putin in Siria e la successiva apertura dei colloqui di Vienna abbiano evidenziato come Mosca risulti indispensabile per l’avvio di ogni realistica ipotesi di soluzione del conflitto in atto. Il che si traduce nell’assurdo un po’ schizofrenico di un paese che e’ nostro nemico allorché si parla di Ucraina o di possibilità di ulteriori allargamenti della Nato mentre diviene nostro partner quando si tratta di affrontare insieme il terrorismo islamico.
La Cina era ideologicamente un nostro nemico ed era veramente lontana. Ora però anche con essa le cose sono cambiate e parecchio andrebbe rivisto , soprattutto dopo che l’iniziativa per la riapertura ed il potenziamento delle vecchie vie marittime e terrestri della seta , propugnata e per buona parte finanziata da Pechino, ci ha aperto prospettive di forti incrementi di flussi commerciali già’ ora cospicui. Cina come amico , dunque? Non e’ del tutto sicuro , considerata la spregiudicatezza con cui Pechino ha moltiplicato i suoi rapporti con l’Africa finendo sostanzialmente col sottrarre buona parte del continente alla influenza europea.
E’ finita dunque – se non definitivamente almeno per il lungo periodo destinato a passare prima che la storia , fedele ai suoi cicli , rallenti di nuovo il proprio ritmo – la confortante epoca delle certezze di cui parlavamo all’inizio. Ci rimangono così l’ignoto da gestire e l’incertezza da affrontare giorno dopo giorno , mentre ogni cambiamento ed ogni crisi possono rivelarsi in pari tempo , come ci ripetiamo in modo tutto sommato un poco consolatorio , rischio ed opportunità. Abituiamoci quindi a navigare a vista , con assoluta flessibilità e senza troppi schemi che rallentino la nostra corsa , trattando i nemici del momento come nemici del momento , chiunque essi siano , ma ricordandoci sempre che domani , o anche oggi stesso ma in altri settori , essi potrebbero essere o rivelarsi amici del momento.
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